martedì 28 gennaio 2003
L'istruzione ha prodotto un gran numero di persone capaci di leggere ma incapaci di distinguere quello che merita di essere letto. Critiche impietose cadono sulla nostra scuola, anche se in verità non sempre fondate e soprattutto non giustificate quando si fa il confronto con altri sistemi scolastici mitizzati, a partire da quello anglo-americano. Ed è appunto uno storico inglese, George Macaulay Trevelyan (1876-1962) nella sua Storia della società inglese a tracciare questa lapidaria stroncatura di una certa istruzione scolastica. Effettivamente saper leggere, far di conto, apprendere dati e date, acquisir titoli non significa necessariamente essere "istruiti" o "colti" e, meno ancora, "maturi". La capacità di giudizio, la formazione personale, l'intuizione critica, il vaglio delle informazioni sono doti che si ottengono non di rado fuori della scuola e, persino, nonostante la scuola. Vorrei, comunque, mettere l'accento sulla "capacità di distinguere" a cui fa riferimento Trevelyan. È proprio qui il cuore della vera cultura che non è mera erudizione o tecnica: si può sapere una marea di cose, possedere straordinarie competenze linguistiche, acquisire un'eccezionale attrezzatura di conoscenze informatiche ed essere incapaci di capire in profondità, di elaborare un giudizio motivato, di costruire una critica efficace. La "distinzione" è alla base di ogni vera conoscenza, anche di quella morale (che è un "distinguere" tra bene e male). È per questo che la scuola è spesso insufficiente. Non dimentichiamo che il celebre motto «Impariamo per la vita e non per la scuola» è stato coniato da Seneca al contrario, con l'amaro Non vitae, sed scholae discimus, «impariamo non per la vita, ma per la scuola»!
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