martedì 17 gennaio 2023
è passato del tempo da quando l’avvento della fotografia sembrava avere messo in discussione la pittura. Si diceva che l’avrebbe “uccisa”, o quanto meno che l’avrebbe privata della ragione di esistere. La logica nasceva da un assunto: se la pittura rappresenta, la fotografia potrà farlo meglio attraverso uno strumento tecnologico. L’errore era questo: la pittura non rappresenta, o meglio lo fa, ma è lo specchietto per le allodole, il vezzo che accontenta l’osservatore in superficie, gli dà un appiglio facile per poter esercitare il gusto o ricostruire un racconto. La pittura in ultima analisi ha una sua forza e un suo senso se riscrive la realtà con una scrittura originale. Non cosa rappresenta, ma come, ancora meglio con quale impianto linguistico traduce il succo di ciò che l’apparenza sembra volerci dire attraverso i suoi infiniti livelli di lettura. La fotografia non ha ucciso la pittura, è stata invece di grande aiuto: ha ristretto e raffinato il campo di cosa è pittura e cosa esercizio artigianale o accademico. Oggi il mercato muove le fila di un nuovo gioco le cui insidie sono perlomeno pari alle meraviglie. Non esattamente nuovo per la verità, mi sono occupato di software in grado di scrivere racconti come nel caso di Twinkle Twinkle già da tempo. ChatGpt ha portato il fenomeno all’attenzione delle masse in un modo nuovo, consumer friendly e sofisticato insieme, mettendo tutti noi di fronte a una realtà che a prima vista non ammette repliche: l’intelligenza artificiale si incammina a passi da gigante verso la sostituzione delle attività umane attraverso l’appropriazione bulimica di ogni dato disponibile. Come è successo per fotografia e pittura così sembra succedere con l’intelligenza artificiale nei confronti della scrittura. Se Twinkle Twinkle era un esperimento felice ed evidentemente limitato nelle risorse disponibili pochi anni fa, il concetto di ChatGpt sembra non avere limiti nell’acquisizione di risorse cognitive. Il patrimonio di dati disponibile si moltiplica in modo esponenziale attraverso il deep learning, che ancora richiede anni, notevoli risorse energetiche e finanziarie, ma nel futuro potrebbe limitarsi a qualche giorno, magari ore. Addestrare un’intelligenza artificiale onniscente, o quasi, potrebbe richiedere poco tempo, molto meno che la formazione di un essere umano di media cultura. ChatGpt articola discorsi, sviluppa “pensiero”, i più fantasiosi la definiscono ostinata, creativa, spiritosa. Ancora con qualche indecisione e incongruenza, ma quando le strutture sintattiche e i frammenti lessicali saranno ulteriormente potenziati si può prevedere che assumerà un carattere di perfezione tale da rendere inutile l’apporto umano, così impreciso e perfettibile. La mia opinione è che succederà come per fotografia e pittura. Qualunque sia il suo grado di raffinatezza l’intelligenza artificiale funziona per pattern, per schemi, non importa quanto complessi. Il suo “pensiero”, la sua scrittura, sono il risultato della elaborazione di sottomultipli linguistici sempre più ridotti, comunque modulari. Pensiamo a un’immagine digitale. Da lontano sembra un tutto omogeneo mentre se ci avviciniamo distingueremo i pixel che la compongono, l’omologo dei pattern linguistici per l’intelligenza artificiale che scrive. Più si riducono le loro dimensioni più l’illusione di omogeneità sarà verosimile, ma loro rimarranno lì come unità minima irriducibile alla fluidità del pensiero cosciente. Una ghiaia fine di accostamenti rigidi cui è negata ogni osmosi. La scrittura dell’intelligenza artificiale è destinata a diventare il doppio perfezionato di coloro che scrivono e pensano per pattern, formule predefinite dal risultato mediocre e prevedibile. Quelli sì, li sostituirà tranquillamente senza che nessuno se ne accorga. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: