L’intelligenza artificiale e l’arte difficile e incerta di immaginarsi umani
venerdì 30 giugno 2023
«È incredibile la stupidità del genere umano», ho sentito dire qualche giorno fa da una mia amica mentre camminavamo in gruppo dopo cena. Ha detto questo non so perché e a chi di noi. Ma purtroppo ho pensato subito che quelle semplici e malinconiche parole erano terribilmente vere se oggi si pensa sia ai comportamenti sociali quotidiani che alla politica mondiale e ai problemi enormi che dovrebbe affrontare e che invece dimentica o crea. Infernali, insensate guerre in atto e potenziali (cosa succederà nel Pacifico tra Cina e Stati Uniti a proposito di Taiwan?) e fanatismi assurdi a proposito dell'intelligenza artificiale, creata dalla solerte ingegnosità di una particolare stupidità umana, che poi la userà. Per miserabili vantaggi economico-industriali, per futuri inutili consumi e future nuove abitudini, per brama di illimitate comodità che renderanno inutile l’uso delle nostre mani, delle nostre gambe, dei nostri occhi, della nostra attenzione. Anche molti intellettuali stanno vendendo l’anima al diavoletto della pigrizia e del voler essere “al passo con i tempi”, come che siano questi tempi. Pronti in massa a inginocchiarsi davanti a robot di inutile uso quotidiano come se fossero divinità mitologiche. Esseri umani al servizio delle macchine, credendo di avere macchine e macchinette al proprio servizio. Il frigo che ti avverte se manca la frutta, l'aggeggio che a un comando vocale accende la luce in un'altra stanza, o ti fa ascoltare il cantante che vuoi. Si tratta di tante piccole e fatue stupidità che si diffondono in tutto il mondo in un batter d'occhio. Intelligenza artificiale e stupidità umane. Ma che cos'è umano, che cos'è umanità? Viene in mente il titolo di un libro del mio amico scomparso Piergiorgio Bellocchio: Un seme di umanità, saggi letterari (Quodilibet) e quello di un libro di Domenico Starnone appena uscito da Einaudi: L'umanità è un tirocinio. Questo tirocinio per diventare umani dura tutta la vita ed è, dice l’autore, «di esito incerto». È una narrazione autobiografica cioè “non fiction”, come si dice oggi. Narrazione utile e necessaria per chi la scrive e chi la legge. Ma anche la narrazione più rischiosamente inventiva e letterariamente difficile. Per capire infatti la realtà (anche la realtà di sé stessi) c'è bisogno di immaginazione realistica, oltre che di stile. All'umanità di oggi sembra che manchi sempre di più questa immaginazione. Gli esseri umani tendono a vivere come sonnambuli, ha detto Kafka, «non immaginano gli effetti delle loro parole e delle loro azioni». © riproduzione riservata
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