venerdì 2 marzo 2007
"La grande prova di un governo minimo". Con questo titolo ieri in prima di "Repubblica" Francesco Merlo racconta questo governo "piccolo piccolo", "dimezzato", fatto da "mezze maniche", "mezze calzette" e "mezzi uomini, come diceva Sciascia". È solo l'inizio. Lui abita a Parigi, ma viene dalla terra dell'"eureka" di Archimede e della catarsi finale della tragedia greca, che tutto trasfigura. Perché per lui questo "governo minimo" ha davvero una chance: il suo "nemico". "Se si misura il governo dalla grandezza del suo nemico" se si considera la sproporzione" tutto cambia. Insomma: se il piccolo governo di mezze maniche e mezze calzette sconfigge il "grande nemico", allora diventa gigante. E chi è, il "grande nemico"? Ecco l'"eureka" di Merlo: è" il cardinale Ruini! Del quale lui sa tutto. Sa, per cominciare, che "Cristo non è con lui" - si sa: se Merlo non è d'accordo, neppure Gesù Cristo si azzarda, Ndr -, sa come è visto in Curia - male! -, sa che "i cattolici italiani non ne seguono indicazioni, moniti e fobie", e sa che è stato "il confessore di Prodi, e di moltissimi altri leader Dc, da Forlani ad Andreotti". Merlo non sa cosa vuol dire "confessore", ma è il meno. E allora? È la catarsi. Se Prodi sconfigge Ruini, e cioè vara i Dico, solo i Dico, sempre i Dico, è "la grande prova": il governo diventa "massimo", le "mezze calzette" si fanno stivali, le mezze maniche arrivano ai piedi, l'Italia è salva. Che dire? Poco. L'inizio del pezzo è questo: "Si sa che ai pittori di piccola statura si devon gli affreschi". Piccola statura, Merlo, ma il suo non pare un affresco. A Roma si direbbe "una frescaccia"!
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