venerdì 8 maggio 2020
In una celebre videointervista risalente a una ventina di anni fa, Ramon Panikkar (di cui, in Italia, è in corso di pubblicazione l'Opera Omnia presso Jaka Book), discutendo della nostra percezione del tempo e del suo senso in chiave universale con Franco Battiato, si sofferma su un neologismo da lui inventato, e che è «sempeternità». L'eminente teologo e docente di religioni comparate, con il suo affabile, celeberrimo sorriso sulle labbra, propone di «gustare», come massima espressione sia della cultura giudeo-cristiana che di quella induista e anzi nella loro scaturigine unica, la presenza assoluta dell'eterno nell'istante. Ogni istante della nostra vita è eterno. Alla richiesta di ulteriori delucidazioni da parte del noto musicista e ricercatore spirituale, Panikkar replica che il nostro passato è una proiezione attuale del futuro, così come il futuro è una previsione, ma più propriamente una fantasticheria, sul nostro futuro, che non conosciamo. La sempiternità è invece innegabile, adesso c'è sempre e per sempre è stato o sarà nel tranello di un eterno umilmente e maestosamente attuale. Tale è ad esempio, al di là di tutta la sua potenza simbolica, l'esperienza liturgica, dove l'attuale abbandona le categorie del presente e del passato e si impone come liberatorio unitario assoluto, nella perpetuità di «adesso».
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