sabato 27 ottobre 2018
«L'educazione è l'arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo» diceva Nelson Mandela. Nell'era della crisi profonda delle democrazie occidentali, che ha investito in pieno anche quella italiana, questo principio è ancor più vero. E infatti c'è chi (nel silenzio dei media nazionali, rotto solo dall'impegno costante di "Avvenire" che sostiene la battaglia avviata da tempo dal professor Corradini) sta provando ad applicarlo. In questi giorni, infatti, come i lettori attenti sanno bene, è stata lanciata su tutto il territorio nazionale una raccolta di firme – promossa dal presidente dell'Anci Antonio De Caro, che ha fatto propria un'iniziativa del Sindaco di Firenze Dario Nardella – per presentare una proposta di legge popolare che reintroduca l'insegnamento dell'Educazione Civica, o dell'Educazione alla Cittadinanza, nelle scuole. «Perché si possa imparare sin da piccoli, tra i banchi di scuola, il senso civico, il rispetto per gli altri e l'importanza di prendersi cura del bene comune», ha spiegato lo stesso De Caro.
La soglia tecnica da superare, come prevede la Costituzione, è quella delle 50mila firme valide. Si può sperare che l'obiettivo sarà centrato, consentendo di lanciare una sfida a tutte le forze politiche presenti in Parlamento e alle forze migliori dell'associazionismo attivo nella società (è immaginabile che aderiscano ad una battaglia di questo tipo, solo per citare qualche esempio, i Giovani Imprenditori di Confindustria piuttosto che il Forum nazionale Giovani?). Non potrà che essere una battaglia trasversale, senza bandiere di parte, in cui ogni forma di strumentalizzazione dovrà essere bandita all'origine.

Ma c'è una barriera molto più importante da superare, culturale e psicologica: la diffusione nel Paese di un "virus positivo", quello della riscoperta dei valori e del senso profondo di vivere in una comunità fatta di doveri e di diritti, di responsabilità e di libertà, che funga da efficace antidoto contro quel solipsismo egoista che caratterizza mediamente l'interpretazione del ruolo di cittadino in Italia. E contro quell'odio sociale che oggi rischia di riportarci alla basica situazione di "homo homini lupus".
A qualcuno potrà sembrare solo una piccola questione da vecchi cultori della programmazione scolastica. Si tratta in realtà, come "Avvenire" e il suo direttore hanno più volte e anche recentemente sottolineato con forza, di una battaglia vitale per la sostenibilità della nostra democrazia, che ha un tremendo bisogno di cittadini diversi da quelli che oggi animano le nostre città e le nostre piazze.
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