giovedì 19 gennaio 2023
Dammi tre parole, e costruirò tutti i titoli possibili delle prime pagine che lunedì scorso (17/1) annunciano l’arresto di Matteo Messina Denaro. Insieme compongono il titolo-base: «Ultimo padrino stragista». «Ultimo» pareggia con «padrino». “Repubblica”: «L’ultimo stragista». “Stampa”: «L’ultimo padrino». “Sole 24 Ore”: «L’ultimo stragista». “Tempo”: «Preso l’ultimo padrino». Poi c’è «padrino» da solo. “Corriere”: «Catturato il padrino delle stragi», quasi identico al “Messaggero”: «Il padrino delle stragi». Cinematografico il “Quotidiano nazionale” (“Giorno”, “Carlino” e “Nazione”): «Il padrino. Atto finale». I soliti noti la buttano in politica. “Libero”: «Bingo. Un altro boss preso con la destra al governo. E la sinistra rosica». Il “Fatto” mette nel mirino il ministro Nordio (nonostante le sue precisazioni): «Senza le intercettazioni sarebbe ancora latitante». “Domani”, al solito, predilige lo scenario: «La fine di un’epoca mafiosa». Ma lui, come molti altri, viene contestato dal “Manifesto” (dal titolo a doppio senso: «Erano capaci», con allusione alla strage delle stragi e al fatto che già allora sarebbero stati in grado di prenderlo). Intervistato da Andrea Fabozzi, Giuseppe Di Lello smentisce: «Non era l’ultimo capo. Quella mafia non c’è più». Il giorno dopo – ieri, 18/1 – c’è chi riprende la stessa convinzione. Il magistrato Alfonso Sabella, intervistato da Grazia Longo sul “Fatto”: «Abbiamo mitizzato troppo Matteo Messina Denaro, non è il capo di Cosa Nostra». Più che altro perché, scrive Attilio Bolzoni su “Domani” (titolo: «La mafia di Messina Denaro è già morta da anni»), «è un mafioso quasi morto che appartiene a una mafia già morta. Il suo arresto non è altro che il bollo dello Stato su una battaglia vinta almeno una quindicina di anni fa». Ma poi, dirà qualcosa? Lo spera Luigi Dainelli, che perse la figlia nella strage di via Georgofili, e sulla “Stampa” a Giuseppe Legato confida: «Felice dell’arresto, ma il boss parli». Qualche pagina prima, intervistato da Grazia Longo, Giuseppe Ayala scuote il capo: «Non credo si deciderà di parlare». E se c’era bisogno di smorzare gli entusiasmi, ecco il procuratore antimafia Giovanni Melillo nel forum allestito in redazione dalla “Repubblica”: «La mafie sono in grado di assorbire qualunque colpo». E ripiombiamo nella tristezza. © riproduzione riservata
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