venerdì 15 luglio 2011
Pare che ci sia solo un Presidente capace di far andar d'accordo - anche per un attimo - due fronti opposti per il bene collettivo: si chiama Giorgio Napolitano e mi piacerebbe invitarlo, sapendolo appassionato di calcio e dotato di grande ironia, a dirimere la vexata quaestio dello scudetto 2006 e a convincere le parti in causa, Juventus e Inter, a sottoscrivere un trattato di pace magari insincero ma dedicato ai rispettivi tifosi tuttora in grave - seppur dialettico - conflitto. Onorevole il tentativo di Diego Della Valle, il quale vorrebbe riunire intorno a un tavolo tutte le parti coinvolte in Calciopoli, tuttavia dimenticando - da leader del gusto e dell'immagine - che suddetta tavolata non sarebbe il massimo del buongusto e potrebbe addirittura partorire nuovi motivi di disagio. Resta invece validissimo l'interrogativo del patròn della Fiorentina: «Perché gli inquisitori non rivelarono subito il contenuto di tutte le intercettazioni?». Manovra oscura? Pressapochismo? Colpevole già designato nella Juve? Escono romanzetti sui retroscena di Calciopoli: quando sarà il tempo si potrà dire qualcosa dippiù. Per ora mi limito a ribadire l'interrogativo più importante che vado ripetendo ai tanti - e insultanti - juventini che pretendono l'innocenza della loro squadra: «Perché gli avvocati della Juve ne dichiararono la colpevolezza e invocarono la clemenza della corte (in B sì, in C no, per favore) come usavano gli avvocaticchi d'ufficio nei film tipo "Un giorno in Pretura"?». È da qui che bisogna partire, ricordando tuttavia che la Juve non solo si è riconosciuta responsabile delle gesta dei suoi dirigenti ma ha pagato, e duramente, risultando oggi felicemente pulita e pronta a riprendere la sua storia gloriosa. Sul fronte nerazzurro, conta ormai poco se quello "scudetto di cartone" del 2006 sarà revocato o meno: per distrazione o inettitudine dei "federali", i retroscena di Calciopoli inerenti l'Inter, anche se non puniti, lasceranno una lunga scia di vergogna che Moratti potrebbe annullare solo con un gesto che gli è stato raccomandato anche da molti dei suoi: la gran rinuncia a quel pezzetto di stoffa di nessun valore. Oggi, tuttavia, serve ben altro al futuro del calcio italiano così ricco di progetti: serve un Progetto Etico forte e duraturo. Chi gestisce il Campionato - mortificato a banca che sfrutta i propri clienti/tifosi e a bisca clandestina - ci ha dato ad intendere di perseguire una nuova moralità, utilizzando le moviole per denunciare e colpire i giocatori simulatori, sputazzatori, paroliberi volgari, scommettitori e via discorrendo, come gli arbitri incapaci di valutare i centimetri o anche certi tifosi irrimediabilmente maleducati o violenti. Tutto qui. E ho sentito dire che un siffatto campionato con norme tanto severe è davvero virtuoso. Mentre sono convinto che l'Impresa Morale vada ricostruita dal vertice, dai Dirigenti Indifferenti, dai Presidenti che s'azzuffano per i soldi e che, toccati nel portafoglio, invocano Giustizia quando invece, "sentiti" al telefono, delle norme e della giustizia (sportiva) facevano e fanno strame. È lì che bisogna colpire, pulire, ricostruire, magari alla Mao, magari adattandone il principio: «Punirne uno per educarne cento»
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