giovedì 27 novembre 2003
L'altro mi valuta, mi giudica, mi conferisce o toglie valore. In tal modo l'altro mi soggioga e io, per liberarmi, tento di soggiogare lui" Solo nell'amore sembra che ci si possa sottrarre a questa necessità di conflitto" Chi vuole essere amato non desidera asservire l'essere amato" Non vuole possedere un automa, vuole possedere una libertà come libertà. Sono considerazioni acute quelle che il filosofo Jean-Paul Sartre (1905-1980) fa nel suo famoso saggio L'essere e il nulla
(1943; tr. italiana Il Saggiatore 1964). Esse descrivono il rapporto d'amore genuino. Nella relazione c'è, infatti, sempre in agguato la tentazione del possesso dell'altro, sia finalizzandolo a un proprio disegno sia giudicandolo e riducendolo al proprio schema di valutazione. L'altro si trasforma, così, in un oggetto più o meno utile o necessario. Ben diversa è, invece, l'esperienza d'amore.
L'amante non vuole coartare l'amato, non esige una prestazione né si accontenta di possedere un soprammobile o un automa oppure di conquistare un essere con cui divertirsi e poi gettare via. Tutto questo accade col rapporto meramente sessuale. L'amore è , invece, ricevere l'altro come un dono libero; è la reciprocità nella comunione che rende l'uno tutto dell'altro e viceversa. È ciò che è detto in modo folgorante della donna del Cantico dei cantici: «Il mio amato è mio e io sono sua" Io sono del mio amato e il mio amato è mio» (2, 16; 6, 3). In questa luce si comprende che l'amore - come ha ribadito ripetutamente Cristo - dovrebbe essere la modalità dominante delle relazioni interpersonali. Io entro in contatto con l'altro non per possederlo o sfruttarlo, ma per accoglierlo e farmi accogliere. E il risultato è molto più ricco, efficace, persino più produttivo di quanto accada col dominio e il controllo dell'altro.
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