venerdì 2 marzo 2007
Io non so perché venni al mondo; né come; né cosa sia il mondo; né cosa io stesso mi sia. La quaresima ha meritato nel linguaggio ecclesiale la definizione di «tempo forte». Questa fortezza deve manifestarsi non solo nella grandezza del mistero pasquale che in essa si celebra, ma anche nelle scelte di vita e di pensiero. Ecco, allora, un tema aspro ma capitale, quello del senso della vita. Foscolo nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis ce lo sbatte quasi in faccia con le parole dure e scoraggiate del protagonista di questo romanzo epistolare e noi sappiamo che Jacopo, dopo aver visto fallire l'amore, svanire la gloria, perire la bellezza, imboccherà la via che nega ogni risposta, quella del suicidio. Molti assegnano a questa domanda fondamentale sul significato della vita una risposta lapidaria che si raggruma attorno a un'unica parola, "destino", abbandonando così l'esistenza alla deriva di una necessità cupa e inevitabile. Altri semplicemente pensano ad altro, cercando una sorta di narcosi nel fare, nel godere, nel distrarsi. Altri ancora, scoraggiati, si lasciano già morire prima di spirare, negando ogni senso e ogni valore. Ecco, questo tempo liturgico dovrebbe diventare per i fedeli come un'oasi in cui ci si ferma un po' per interrogarsi, per ascoltare, per cercare, per scoprire un senso forse "criptato" ma decifrabile attraverso la meditazione e la preghiera. È, d'altronde, questa una tensione che sempre affiora nella persona, come diceva uno scrittore ateo, Brecht, attraverso questa trasparente parabola poetica: «Siedo ai bordi della strada. Il guidatore cambia la ruota. Non sono contento di dove vengo né di dove vado. E allora perché attendo con tanta impazienza il cambio della ruota?»
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