venerdì 22 aprile 2011
Intelligenza vuol dire lettura profonda. Su "Habemus Papam" tanti commenti, molti superficiali per pregiudizio " sia ostile che favorevole ", pochi per ora davvero "intelligenti". Invece ieri sul "Foglio" ce n'erano tre. Intelligentissimo (p. 2) quello di Antonio Gurrado: «Qui si spiega perché è stato Pietro il primo Papa "morettiano" della storia». Quattro colonne e qualche parola forte ricordano che per sapere che i Papi sono anche deboli e paurosi, addirittura fino al tradimento e alla negazione, basta guardare san Pietro, primo Papa, che rinnega tre volte il Maestro, addirittura imprecando (Mt 26,74 e Mc 14,71) e poi fugge. Anche prima, spesso non aveva capito niente, e peggio, tanto che Gesù ad un certo punto lo chiama addirittura "Satana" (Mt 16,23). Dopo la Risurrezione, del resto, egli si chiude con gli altri "per paura" e dopo la Pentecoste che trasforma tutti in testimoni, ricevuta una speciale missione «dà forza (alla fede) dei fratelli» (Lc 22,32) ricorda sempre, come l'Angelo dell'Apocalisse (19,12), che è solo un servo come tutti gli altri. Questa è sostanza: «umile operaio nella vigna del Signore», come ha subito detto l'ultimo suo successore. Basta? No. Altre due luci. Una stupefacente persino da "Innamorato pazzo" (p. 4), ove il solitamente stralunato Maurizio Milani osserva che se uno si fa prete, e poi lo fanno vescovo e cardinale, forse non è così sconvolgentemente atterrito se in Conclave i colleghi lo vogliono Papa. Più problematicamente discutibile (p. 2) Angiolo Bandinelli legge Moretti che sceglie Freud contro «l'interiorità luterana». Insomma: tre letture intelligenti: «Sufficit diei?». Sì: senza malitia, a questo giorno basta.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI