«In piazza contro le armi. Ma poi?» Liberi i giudizi. E unità per la pace
martedì 24 giugno 2025
Caro Avvenire, sabato scorso, al corteo anti-riarmo di Roma, si sono viste immagini che lasciano l’amaro in bocca: bandiere Ue bruciate, volti di leader politici come Giorgia Meloni ed Elly Schlein esposti come bersagli. Personalmente non mi ci ritrovo. Non tanto per i volti finiti sui cartelli, quanto per l’idea stessa di ridurre un tema complesso come la guerra e la pace a una caccia all’avversario, a chi urla più forte. Mi fa riflettere anche la presenza sempre più marcata del Movimento 5 Stelle in questi cortei. Urlare “fuori dalla Nato, fuori dall’Ue” può sembrare rivoluzionario, ma in realtà isola, semplifica, confonde. Io credo invece che sia necessario difendere l’Europa. La pace si costruisce con equilibrio, responsabilità, consapevolezza del mondo reale. Francesco Vitale Catania Caro Vitale, le crisi che ci circondano e che ci assillano rivelano, a ben guardare, un elemento comune su almeno un fronte dei principali conflitti: la repressione del dissenso e l’impossibilità per le opinioni pubbliche di esprimersi e manifestare, se non a rischio di venire arrestati o perseguitati, dalla Russia all’Iran dalla Georgia fino a Gaza. La libertà di andare in piazza, anche per bruciare una bandiera o attaccare un avversario politico, dovrebbe pertanto esserci cara e va salutata come una conquista di cui essere fieri. Certo, sarebbe meglio che non vi fosse il solito manipolo di sciocchi o di facinorosi che va oltre i limiti impliciti o espliciti, rischiando di rovinare (a volte letteralmente sabotando) una delle forme basilari della nostra democrazia. Quanto sia labile tale confine e come sia difficile tracciarlo, tra l’altro, lo vediamo con il decreto sicurezza varato dal governo Meloni. Tutela dei diritti dei cittadini alla mobilità, per esempio, o un’inaccettabile limitazione dei diritti di protesta e disobbedienza? Personalmente, ritengo che nessuno spazio vada lasciato alla violenza anche solo simulata o allusa, mentre qualche disagio va messo nel conto totale di una società plurale in cui diversi interessi e differenti visioni del mondo si confrontano e (a volte) si scontrano. Nel merito dell’evento “Disarmiamoli” di sabato a Roma, il Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha reso noto il suo apprezzamento, lodando la mobilitazione anti-bellicista. Dubito che, se invitato, avrebbe aderito. Tuttavia, il suo commento va nella direzione di quanto si argomentava sopra. Una voce di pace in più, almeno nelle intenzioni degli organizzatori, è sempre positiva. Detto questo, resta il dilemma su quale via percorrere. In un mondo imperfetto, come scriveva magistralmente Isaiah Berlin, i nostri valori non sempre sono omogenei e allineati; possono sorgere incompatibilità e contrasti. La pace è un bene preziosissimo (ce lo ha ricordato domenica Papa Leone), ma anche l’ideale europeo ci appare degno di essere perseguito con convinzione (si veda il tentativo di un nuovo Codice di Camaldoli promosso dai cattolici, di cui ha scritto Angelo Picariello martedì scorso). Già qui siamo in dubbio davanti alle istanze rappresentate da Giuseppe Conte e dal suo movimento, insieme a altre componenti dalla società civile. Dobbiamo necessariamente rinunciare a uno dei due? Non è la mia prospettiva. Invece di minare l’Unione, lavoriamo perché Bruxelles si faccia promotrice di una vera difesa comune a sostegno di una diplomazia attiva capace, ad esempio, di ottenere risultati per la tregua e gli aiuti umanitari a Gaza. Ancora, la polifonia delle voci e la varietà dei punti di vista rappresentano una ricchezza (molte teste ragionano meglio di una sola), eppure se ci dividiamo sia il contributo italiano sia quello del Vecchio Continente risulteranno indeboliti se non del tutto irrilevanti. Che fare, allora, caro Vitale? Cerchiamo i punti di convergenza, deponiamo le rivalità e rinunciamo alle ambizioni di parte per il fine superiore della pace e della convivenza libera e democratica. All’interno di quello spazio condiviso, tutti potranno coltivare le proprie idee e propagandarle senza ostacoli. Concretamente, le forze politiche e i singoli cittadini dovrebbero tentare convergenze (rispettando ovviamente la propria coscienza) per affrontare con efficacia il grave frangente che stiamo attraversando. Quando non fosse così, ben vengano manifestazioni di ogni indirizzo, e sia pure consentita la critica severa di quelle che non ci piacciono. © riproduzione riservata
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