Si può disarmare anche la fame nel mondo?
Nel mondo oggi si conta il numero più alto di conflitti dalla Seconda Guerra mondiale. Quest'anno sono state contate oltre quaranta crisi umanitarie, con otto milioni di bambini nati in aree di guerra

Fame e guerra si tengono la mano da sempre. Pensavamo di avere lasciato alla storia le immagini più drammatiche di questo binomio devastante prodotto dall’uomo. Ma la cronaca, purtroppo, ci ha riproposto e ci ripropone ancora il manifestarsi concreto di questa spirale che colpisce, ovunque e prima di tutto, donne e bambini. È forse vero che le guerre del nuovo secolo, quelle “ibride” e di ultima generazione, si fanno con droni e satelliti. Ma sul campo dei territori devastati dalle armi, le emergenze alimentari ‒ come quelle sanitarie ‒ rimangono sempre i fronti drammatici che le popolazioni civili inermi devono subire. La realtà ci dice che nel mondo oggi si conta il numero più alto di conflitti dalla Seconda Guerra mondiale. Direttamente o indirettamente, oltre novanta Paesi sono coinvolti con migliaia e migliaia di vittime e milioni di sfollati. Save the Children ha denunciato oltre quaranta crisi umanitarie attive quest’anno con otto milioni di bambini nati in aree di guerra. Tra i contesti più drammatici, insieme al Sudan, c’è Gaza. L’ultima analisi conferma che nessuna area della Striscia è attualmente classificata in stato di carestia, a seguito del cessate il fuoco. Questo progresso rimane estremamente fragile, poiché la popolazione continua a lottare contro la massiccia distruzione delle infrastrutture e il crollo dei mezzi di sussistenza e della produzione alimentare locale. Senza un'espansione sostenuta e su larga scala dell’assistenza alimentare, dei mezzi di sussistenza, dell’agricoltura e della salute, insieme a un aumento degli afflussi commerciali, centinaia di migliaia di persone potrebbero rapidamente ricadere nella carestia. Secondo il rapporto almeno 1,6 milioni di persone si trovano ancora ad affrontare elevati livelli di insicurezza alimentare acuta tra cui oltre 100.000 bambini. Quattro governatorati sono attualmente classificati in emergenza fino ad aprile 2026. Questa fase indica ancora una grave insicurezza caratterizzata da ampi divari nei consumi alimentari, elevati livelli di malnutrizione acuta e un elevato rischio di mortalità. Sebbene il cessate il fuoco abbia migliorato alcune consegne di cibo, mangimi, beni di prima necessità e importazioni commerciali essenziali, la maggior parte delle famiglie è ancora alle prese con gravi carenze. Dal cessate il fuoco, oltre 730.000 persone sono state sfollate, molte delle quali vivono in rifugi di fortuna e dipendono fortemente dagli aiuti umanitari. Inoltre, l’accesso limitato ai servizi idrici, igienico-sanitari e igienico-sanitari, all’assistenza sanitaria e la diffusa distruzione di terreni coltivabili, bestiame, attività di pesca, strade e altre infrastrutture critiche rappresentano sfide enormi per le persone e per gli sforzi di soccorso in corso.
I bambini sotto i cinque anni, insieme alle donne incinte e in allattamento, rimangono tra i più vulnerabili. Nessun bambino raggiunge la minima diversità alimentare e due terzi soffrono di grave povertà alimentare. Si stima che il fabbisogno di ripresa e ricostruzione di Gaza ammonterà a 53,2 miliardi di dollari nel prossimo decennio. Questo include 4,2 miliardi di dollari per l’agricoltura e i sistemi alimentari, di cui 1,06 miliardi di dollari necessari per la ripresa a breve e medio termine (fino a tre anni). Il solo settore agroalimentare di Gaza ha subito danni diretti per oltre 835 milioni di dollari e perdite economiche per 1,3 miliardi di dollari, compromettendo la sicurezza alimentare, l’occupazione e i mercati locali. A Gaza, le restrizioni alle importazioni e i vincoli di accesso hanno limitato le forniture di input, spingendo la Fao a sperimentare un modello di assistenza basato sul denaro, una delle poche soluzioni valide per le famiglie partecipanti, consentendo loro di soddisfare le urgenti esigenze di sostentamento con dignità e flessibilità. Stiamo aumentando l’assistenza in denaro per raggiungere più di duemila famiglie di allevatori di bestiame, per consentire loro di acquistare mangimi e salvaguardare la produzione essenziali. Abbiamo distribuito più di duemila tonnellate di mangime e quasi duemila e cinquecento kit veterinari circa cinquemila famiglie di allevatori di bestiame per aiutarle a proteggere il bestiame rimanente. Sono gocce nell’oceano dei bisogni primari di queste comunità. Ma sono almeno gocce di speranza. La pace è ancora e ovunque un prerequisito essenziale per la lotta alla fame; senza di essa nessuna azione, nessuna politica, nessuno strumento può consentire davvero un’uscita dalle condizioni più estreme di povertà alimentare per milioni di persone.
Maurizio Martina è Direttore generale aggiunto Fao
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