lunedì 22 maggio 2006
    tupisce la disinvoltura con cui certi scienziati approvano che il prezzo della salute di un embrione possa essere la morte di alcuni altri. Se si pensa che l"embrione da garantire abbia un valore così alto, come si può non tener conto dell"identico valore che, ovviamente, ha ciascuno degli altri (e nemmeno della somma dei loro valori)? Eppure questo sostengono il prof. Giuseppe Remuzzi, dell"Istituto di farmacologia Luigi Negri e il chirurgo Ignazio Marino, ri-emigrato in Italia per fare il deputato ds, rispettivamente sul Corriere della sera (domenica 14) e sull"Espresso (di giovedì 25). In Gran Bretagna l"Authority per la Fecondazione e l"Embriologia ha autorizzato la selezione degli embrioni prodotti da una coppia, che voleva evitare il rischio di un figlio affetto da retinoblastoma (un tumore alla retina «probabilmente ereditario»). Secondo Remuzzi, con questa piccola strage, che lui chiama «una delle cure più efficaci» (o più letali?), questi tumori «potrebbero sparire come la poliomielite e il vaiolo» e che, in ogni modo, «così nascerà un bambino normale». Polio e vaiolo, però, sono sparite senza uccidere alcun embrione. E che normalità è quella di un bambino che, per nascere sano, ha bisogno - senza sua colpa - di far morire tre o quattro fratellini? Anche Marino, sia pure in modo problematico, si chiede: «Sarebbe stato giusto impedire di generare un bambino sano quando la scienza ne ha i mezzi?» A prezzo dell"ingiustizia, sicuramente no. E poi perché confondere scienza con tecnologia? La prima individua le soluzioni (che possono anche essere rifiutate), ma è la seconda che le applica e che fornisce «il potere, sempre crescente, che l"uomo ha acquisto nel decidere della nascita, della non nascita e della qualità di vita da dare ai propri discendenti». La problematicità di Marino sembra solo teorica e sparisce ben presto: «La strada seguita dalla Gran Bretagna nell"autorizzare la selezione embrionale» (parola di Antilingua) «è condivisibile nel metodo, dato che la decisione è stata presa e autorizzata dalla Human Fertilisation and Embriology Authority [...] per ogni singolo caso». Come dire: eliminazioni di massa no, ma uno per volta sì.
Zagrebelsky e la veritàSecondo Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale, la Chiesa è in contraddizione con se stessa nelle questioni di vita e di comportamento che chiamano in causa la verità e/o la carità. Su La Repubblica (sabato 13) l"ex Presidente fa queste strabilianti affermazioni: «1. La differenza tra etica della carità ed etica della verità è irriducibile e capitale [...] La carità considera ogni essere umano come individuo irriducibile e inconfondibile», cioè come «persona»; «La verità come individuo riconducibile e assimilabile ad altri, in classi o categorie», vale a dire «numero». «2. L"etica cristiana è etica della carità o della verità? Per Gesù di Nazareth, non c"è dubbio, la carità predomina. La sua predicazione è l"amore concreto». Poiché l"Emerito parla della Chiesa, sarebbe meglio che ne rileggesse i testi. Gesù, che predicava l"amore e ne è morto, diceva anche "Io sono la verità". Era soltanto un numero? E San Paolo: "La carità si compiace della verità" (1Cor 13,6) e invita a "vivere la verità nella carità" (Ef 4,15). Dopodiché non vale la pena di proseguire nella lettura di Zagrebelsky.
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