Il vino italiano brinda in Cina
sabato 14 novembre 2009
Il vino italiano guarda alla Cina. In un momento non certo facile per l'agroalimentare nazionale " e non solo ", quello cinese è un mercato che promette bene da molti punti di vista. E che ha già dato più di una soddisfazione. Certo, dalla Cina arrivano molti prodotti che, poi, vengono spacciati come italiani, ma è un fatto che la potenziale domanda cinese di cibo di qualità stia tentando molti. È una prospettiva da tenere d'occhio, soprattutto pensando alle condizioni in cui si ritrova l'agricoltura, confermate ancora in questi giorni dai dati sul Prodotto interno lordo (Pil). Il mercato cinese del vino, dunque, è tenuto sotto stretta osservazione da molti e prima di tutti dalle case vitivinicole. Per capire, basta pensare che il potenziale mercato si aggira tra il 5 e il 10% della popolazione, ovvero dai 60 ai 130 milioni di consumatori. Soprattutto però, quello cinese è il mercato con la più rapida crescita percentuale, rispetto ad altri che negli ultimi 10 anni hanno mantenuto i loro consumi costanti. Le vendite di vino in Cina " è stato fatto notare dalla Marchesi de' Frescobaldi, una delle più note etichette vitivinicole che proprio della Cina ha fatto uno dei suoi traguardi privilegiati " continuano a crescere e non è escluso che nei prossimi 10 anni, questa rappresenti un paese leader nel consumo, nonché nella produzione. Gli osservatori del settore, infatti, ipotizzano che entro il 2010 la Cina sarà il produttore più attivo in assoluto nel mercato vitivinicolo mondiale, con una crescita della produzione pari al 36%, mentre il consumo avrà una crescita pari al 9.6%. E già oggi, la Cina è diventata sesto produttore d'uva nel mondo.
A partita del mercato " fra domanda, offerta e concorrenza" deve quindi essere giocata con accortezza e fino in fondo anche in Cina. Ed è ciò che i produttori italiani, non solo di vino e non solo in Cina, sanno spesso fare molto bene ma che devono certamente fare meglio. A dimostrarlo sono arrivati proprio ieri i dati Istat sull'andamento del Pil che non lasciano spazio a dubbi. Se, infatti, quello generale è cresciuto dello 0,6%, quello dell'agricoltura è in diminuzione e in controtendenza rispetto ai settori dell'industria e dei servizi che registrano segnali di ripresa. A consolare i produttori agricoli, c'è solo la lieve crescita (dello 0,4% in quantità), dei consumi alimentari nei primi nove mesi del 2009. «Si tratta " ha fatto rilevare la Coldiretti " di un segnale importante per la ripresa economica generale poiché quasi un euro su quattro si spende per la tavola con gli acquisti di alimentari e bevande che ammontano complessivamente a 215 miliardi di euro all'anno, dei quali 144 a casa e 71 per mangiare fuori». Ma rimane comunque il dato negativo di fondo, sottolineato da Confagricoltura: aumenta l'incertezza sui tempi del ritorno su un sentiero di crescita, in presenza di difficoltà sui mercati che investono tutti i settori: dai cereali ai suini, al latte, ai bovini.
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