sabato 9 aprile 2011
"Riformista" (6/4, p. 8): «La lezione di Zapatero all'Italia e a Berlusconi». Articolo argomentato e acuto del senatore Stefano Ceccanti. Lo leggi, però, e la sostanza ti pare incompleta. La parabola di Zapatero infatti riserva anche un'altra lezione, magari involontaria, all'Italia e in essa a tutti: quella che se un partito, un movimento politico, un leader, una politica di governo e di riforme include programmi, leggi, principi, propagande in cui direttamente e concretamente non solo si contrasta, ma si nega e si offende una realtà che esiste da secoli, e che può essere identificata con l'eredità cristiana, e anche cattolica, ha vita breve. Magari all'inizio suscita consensi, all'interno e all'estero, ma poi" Del resto è un registro già lungo e sperimentato: comportarsi come nel 1789, o come a Mosca, fare a meno della Chiesa sempre identificata con "l'ennemi", il nemico da "écraser", da schiacciare. Sperimentato in un paio di secoli a più riprese, appunto in Francia, poi in una certa Italia postunitaria, in Urss e satelliti, nella Germania nazista, qualche imitazione anche da noi nel ventennio, in Messico, nella Spagna prefranchista" Il fallimento arriva inesorabile. Qualcuno lo aveva capito, anche nella doverosa difesa della laicità orgogliosamente cristiana e cattolica, per esempio il De Gasperi, tanto elogiato in ritardo anche da fonti sospette. Penso anche al Berlinguer della "Lettera al vescovo Bettazzi" (1977), rimasta per tante ragioni lettera morta. Dunque il tramonto di Zapatero: anche questa è lezione. Ovviamente se non ci sono alunni sarà lezione inutile come già tante, non solo in Spagna"
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI