sabato 18 giugno 2011
È già sabato? Il caldo è precipitato sulla città con il suo colore arancio, vorrebbe essere quello del sole, ma è senza riflessi, affogato nell'aria corrotta da quello che noi vi gettiamo ogni ora. Ci sono angoli di silenzio sul rovescio delle case dove la biancheria stesa, una scopa sul terrazzo di fronte, un albero di nespole mature, nato in un fazzoletto di giardino che appartiene a tutti e a nessuno, ti dicono che anche questa è vita. Ti fanno capire che non sono le notizie delle morti cruente, degli scandali attorno ai quali si ricama di fantasia fino a farne scommesse, che riempiono la tua vita. E pur facendo parte del mondo e condividendo con esso il bene e il male c'è sempre un angolo di rifugio se sei stanco, se oggi non hai una prospettiva per te. Può essere anche questo scorcio di strada dove passano con sibilo di zanzare i motorini se sai coglierne la ragione e lo scopo. Sono giovani che lavorano, ragazze con i capelli raccolti sotto il casco colorato che vanno a scuola, ma anche uomini di molte primavere che usano questo mezzo per necessità e sfidano la circolazione sempre più difficoltosa di una città che non sa più contare i suoi abitanti. Una città affascinante nelle sue diversità, anche nella sua incapacità di ordine perché non appartiene più alla sua gente, ma a una varietà di visi, di lingue, di culture che cercano di sopravvivere apportando le loro realtà diverse una dall'altra, a volte incomunicabili. Una città che una volta sembrava si mantenesse a misura di un turismo colto, silenzioso, conoscitore di storia e di latino, oggi aggredita da pullman assiepati di gente che pretende in poche ore di conoscere la vita dei secoli trascorsi e occupa il poco tempo offerto dalle agenzie con l'occhio sulla macchina fotografica, mentre sa bene che al ritorno a casa nessuno avrà interesse a vederle. Mi viene in mente un viaggio in Egitto di molti anni fa, quando mi ero seccata con la guida che regolava il nostro itinerario distribuendo i minuti secondo il suo orologio: due minuti per le statue, dieci minuti per la tomba, otto minuti per il tempio. No, dissi, io me ne vado. Bene, allora resterà qui da sola? Sì resto qui. E mi lasciarono in mezzo alla Valle dei Re. Allora finalmente il silenzio mi raccontò la storia di quel popolo che giocava tutta la propria vita su un futuro inventato dai propri dei e per raggiungerlo nessun sacrificio gli era troppo pesante. Non c'è sempre bisogno della parola per comprendere le cose che si vedono, basta fare silenzio dentro se stessi. Anche oggi di fronte a questo albero di nespole giallo dorato che una grande famiglia di uccellini sta divorando velocemente, puoi fare qualcosa per te e per gli altri. Puoi almeno inviare i tuoi pensieri lontano. A qualcuno arriveranno. Quando eri innamorato avrai certo provato a pensare intensamente al tuo amore e qualcosa gli sarà arrivato di te. Ho conosciuto una bambina che avendo sentito parlare di prigionieri in un Paese dell'Asia aveva pensato di portare loro sollievo inviando i suoi pensieri. Erano piccole cose sciocche, fatte di sorrisi e di racconti della propria giornata per tenere loro compagnia. Lei era sicura che qualcosa sarebbe loro arrivato.
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