sabato 24 giugno 2017
Come in una lenta processione se ne vanno gli uomini che hanno lavorato con fede e coraggio per lasciare alle prossime generazioni una comune patria europea. Helmut Kohl, il famoso cancelliere tedesco da qualche tempo era sparito dal mondo della politica. Passare dal palco dove si è visibili e giudicati fino a raggiungere l'oblio non è difficile in un tempo come il nostro dove ogni atto affronta il futuro con il pericolo di essere consumato nella velocità di un tramonto. La figura di questo personaggio era tale che si imponeva appena entrava in una stanza, così come lo vidi alcuni anni fa quando gli fu offerta una medaglia e il riconoscimento di “Costruttore d'Europa”. Da molto tempo faccio parte del Comitato di Trento che porta il nome di mio padre, che si è dato il compito di premiare ogni due anni uno dei personaggi europei che abbia promosso con il proprio lavoro, una più solida e profonda unità dei popoli d'Europa. Ricordo bene quell'incontro quando Kohl si inchinò verso di me, indeciso se baciarmi la mano come un antico cavaliere o allargare le lunghe braccia a significare l'apprezzamento di quanto mio padre aveva fatto dopo la guerra per la nuova amicizia tra i nostri due popoli e per un nuovo e positivo futuro comune.
Sono passati tanti anni da quella carta geografica del mio banco di scuola che divideva in vari colori i paesi europei. Molti inimmaginabili passi sono stati fatti, ma la via dell'integrazione sognata da Schuman, Adenauer e De Gasperi, ha rallentato il suo cammino; quasi fosse terminata la necessità storica di arrivare a quella che potrebbe diventare la forza maggiore e uno dei paesi più importanti del mondo. La ricchezza e la varietà delle nostre tradizioni, la bellezza delle arti, la vivacità delle scoperte e l'amore alla vita che sono le prerogative dei popoli d'Europa farebbero di questo vario e grande paese di nuovo la fonte del pensiero e dell'arte del vivere.
Guardando quelle piazze che oggi premiano i nostri cantanti mi vengono alla mente le folle composte di gente di ogni età che negli stessi luoghi si fermavano ad ascoltare i progetti degli uomini della politica. Dove è finita la passione del bene comune? Che cosa si è fatto perché i nostri giovani non provino interesse per il loro presente e si lascino invadere da un futuro privo di speranze? C'è bisogno di una rinascita, non nel nome di una carriera, ma di una volontà tesa a migliorare con il proprio lavoro una società che ha radici ancora da sfruttare.
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