domenica 7 aprile 2013
Giuseppe non aveva mai chiesto a Maria le parole esatte dell'angelo. Ne aveva timore. Ma ora forse a lei giova ricordare. Se ne è pentito, lei deve solo ispirare forte, soffiare. Avessero trovato posto nel caravanserraglio. Lei nelle ultime spinte ha gli occhi di acqua e pietra. Stringe il bordo della mangiatoia, tendini bianchi nei polsi. «No, ascolta… ha detto… è figlio dell'Altissimo, lo Spirito scenderà su di te e l'ombra della potenza…». Un altro spasmo. I capelli appiccicati alle tempie. «l'ombra si stenderà… su di me». «Ora respira, respira, – dice Giuseppe – non importa…». Non sa bene come funzionano queste cose. «E io ho detto: come è possibile? lui, l'angelo, ha parlato di Elisabetta…». «Sì, ha partorito anche lei… non sembrava possibile». Le ha lasciato lo straccio bagnato sulla fronte. Si sporge dal suo riparo per guardare se l'ha ancora. «E io ho detto all'angelo…». Onda lunga, dirompente. «Soffia» dice Joseph, da dietro la parete. Animali sparsi danno muggiti, belati. Lei ha rigida la testa come un vitello legato. Poi sente qualcosa di vivente arrivare, il minimo cranio, uno scricciolo, il visino cianotico. Una colata di metallo fuso. Ora rompe il respiro: «E ho detto sì! sia così!». Lo grida. Tutto il fiato.«Poi l'angelo se n'è andato» dice girando la testa contro la parete, tra lacrime luminose. E attira a sé il piccolo essere bagnato, sanguinoso.
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