Il racket nei campi vale 7,5 miliardi
sabato 30 gennaio 2010
Non solo la concorrenza estera, oppure il clima avverso, oppure ancora la congiuntura economica che raffredda la domanda. L'agricoltura italiana deve fare i conti anche con la malavita. Che evidentemente fa con i campi affari d'oro visto che fra racket, pizzo e altro il danno che le campagne sopportano arriva alle bella cifra di 7,5 miliardi di euro all'anno. In questo modo, mafia, camorra e tutto quello ciò che vi assomiglia ottengono l'effetto di abbattere ulteriormente le ambizioni e, soprattutto, le possibilità di crescita delle imprese agricole italiane. Una condizione che, da decenni se non da secoli, si sta cercando di superare e che continua ad esercitare i suoi effetti deleteri. A sottolineare la situazione, in occasione dell'approvazione da parte del governo delle nuove misure antimafia, sono state pressoché tutte le organizzazioni agricole. Che hanno sciorinato dati impressionanti.
Nelle campagne " ha per esempio sottolineato la Coldiretti " la criminalità organizzata in agricoltura opera con un ventaglio larghissimo di strumenti: furti di attrezzature e mezzi, racket, abigeato, estorsioni, imposizione di manodopera o di servizi di trasporto alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe nei confronti dell'Ue e caporalato. Tra i fenomeni preoccupano le intromissioni nel sistema di distribuzione e trasporto dei prodotti alimentari, che danneggiano gli operatori sotto il profilo del corrispettivo pagato agli imprenditori agricoli e aumentano in modo anomalo i prezzi al consumo. Senza contare il ritorno a fenomeni che sembravano seppelliti dalla storia, come l'abigeato con il furto di circa 100mila animali da allevamento all'anno. Oppure la più moderna e comunque intramontabile usura aggravata dall'andamento sfavorevole del settore in alcune aree, e ancora gli atti di vandalismo collegati alle estorsioni. Mentre sembra aver raggiunto dimensioni allarmanti anche la sottrazione di trattori e delle altre attrezzature agricole spesso con la formula del "cavallo di ritorno" che prevede di dover pagare per farsi restituire il mezzo.
La conclusione? È semplice: così non si può andare avanti. Per questo, i sindacati agricoli hanno accolto di buon grado quanto stabilito. Anche se è stato precisato, come ha fatto Confagricoltura, per esempio, che «l'apporto degli immigrati in agricoltura è insostituibile e come l'agricoltura da sempre abbia fornito ai lavoratori stranieri una prospettiva di stabilizzazione e formazione». Insomma, nella lotta alla criminalità in agricoltura occorre andare avanti, conservando anche quelle forze lavoro che, regolarizzate, sono preziose per tutti.
Soprattutto perché, intanto, la «lotta per la qualità» dei prodotti agroalimentari, e la loro difesa dalla concorrenza più o meno leale, va avanti e non senza difficoltà. Qualità e salubrità alimentari, passano infatti anche per un maggior controllo delle attività illegali.
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