mercoledì 14 giugno 2017
Per l'Edizione nazionale delle opere di Giuseppe Parini, diretta da Giorgio Baroni, istituita dal ministero per i Beni culturali e voluta dall'Università Cattolica del Sacro Cuore, dall'Istituzione conservatrice delle carte pariniane, con sede presso la Biblioteca Braidense di Milano, esce ora il grosso volume Biografie ottocentesche di Giuseppe Parini, a cura di Marco Ballarini e Paolo Bartesaghi (Fabrizio Serra, pagine 544, s.i.p.).
Breve digressione sul genitivo. «Di Giuseppe Parini» non è un genitivo possessivo, quasi che le biografie le avesse scritte lui (complemento di specificazione soggettiva), cosa manifestamente impossibile essendo il Parini morto a settant'anni nel 1799, dunque impossibilitato a scriver biografie ottocentesche; il titolo indica Giuseppe Parini biografato da scrittori ottocenteschi. Insomma, siamo in presenza di un complemento di specificazione oggettiva.
Undici sono le biografie pariniane rilegate nel volume. Fondamentale è quella di Francesco Reina, pubblicata nel 1801 nel primo dei sei volumi delle Opere di Giuseppe Parini edite dallo stampatore Andrea Majnardi. Fra gli altri, al Reina attinsero il Foscolo per l'accenno pariniano nei Sepolcri, e anche Giacomo Leopardi che, nell'operetta morale intitolata all'autore del Giorno, ritiene Giuseppe Parini «uno dei pochissimi italiani che all'eccellenza nelle lettere congiunsero la profondità dei pensieri».
Nasce dal Reina la monumentalizzazione del Parini, cittadino integerrimo, illuminista illuminato, sacerdote controvoglia, dapprima in sintonia con i rivoluzionari francesi, ma sempre suddito devoto dell'Austria. Fanno parte della leggenda anche le ristrettezze economiche del Parini, che fu certamente sobrio ma ebbe la protezione, prima della duchessa Serbelloni, nella cui dimora fu precettore, poi del conte Carlo Firmian, finché divenne insegnate di Retorica nelle Scuole palatine e, in seguito, «Professore di Magna eloquenza e di Belle Arti» ai Ginnasio di Brera, di cui finirà direttore.
Troviamo un saggio di mitizzazione consolidata nel ritratto pariniano di Antonio Zoncada (1846), che così si conclude: «Il maestro, il filosofo, il poeta furono in lui una cosa sola col cittadino, onde si meritava il titolo di Socrate Lombardo, titolo che ripeteranno i posteri riconoscenti fino a che sarà sacro il nome di benefattore della patria». Peraltro, e ce ne informa Camillo Ugoni (1821), non mancò chi chiamava Parini «un Diogene incipriato, perché tenne, vivendo, assidua consuetudine con quei nobili, cui poscia mordeva co' suoi versi». Filippo Salveraglio, allievo del Carducci, nel 1881 ricostruisce un Parini «alieno dalle preoccupazioni che affaticavano le menti dei Verri e de' loro amici, ricercato dalle dame, alle quali non era avaro di complimenti né di sonetti ora gravi ora piacevoli, qualche volta piacevolissimi; il poeta della duchessa Serbelloni, della Castelbarco, della Mussi e della Castiglioni, viveva tranquillamente e serenamente gli ultimi anni del nobil ceto. E quando la tempesta si rovesciò sulle superbe navi di Pietro Verri, di Gian Rinaldo Carli, del principe Kevenüller che piombarono sommerse, egli con la sua sdruscita barchetta si salvò dal naufragio».
Delle undici biografie ottocentesche, solo quella di Francesco Pavesi (1860 circa) è inedita (il manoscritto è conservato all'Ambrosiana). Da lì apprendiamo che «il posto fattogli [al Parini] nel proprio seno dalla Società patriottica erettasi nel 1776, per poco non gli tornò funesto. Perocché invitato dalla medesima poco da poi a stendere l'elogio funebre dell'Imperatrice Maria Teresa n'accettò l'incarico; ma quando vi si accinse trovò nel suo soggetto tali e tante ripugnanze al suo modo proprio di vedere e di sentire, che per quanto ei vi studiasse non gli riuscì di raccapezzare, com'egli disse, veruna idea soddisfacente su cui ordire il richiesto elogio, e finì col disdire l'assunto impegno dichiarandosi incapace di ciò per assoluta smemorataggine».
Notevoli, anche per vivacità di stile, le biografie pariniane di Giuseppe Giusti (1846) e di Cesare Cantù (1854), ma il rigaggio sta finendo. A Milano, il monumento a Giuseppe Parini è al Cordusio, piazza risorgimental-massonica da cui si dipartono strade a raggiera disegnate apposta perché dal centro non si veda il Duomo, che è lì a due passi. Anche il Parini, drappeggiato nell'ampio mantello, guarda da un'altra parte.
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