domenica 20 novembre 2011
«Per avere un figlio sano forse non resta che il tribunale» (Il Secolo XIX, mercoledì 16). Vuol dire che, su richiesta, i tribunali civili possono trasformarsi in corti penali capaci di infliggere la pena di morte a un figlio colpevole soltanto di essere, in età embrionale, portatore di qualche anomalia genetica. Chi autorizzi queste letali trasformazione e competenza non si sa: certi tribunali si sentono autodeterminanti e super legem, senza che nessuna istituzione intervenga. A meno che (Il Mattino, stesso giorno) basti il parere di un luminare come il professor Andrea Ballabio, «genetista di fama mondiale» con nove righe di qualifiche professionali al seguito. Ecco il suo giudizio: «Emerge un paradosso: mentre da un lato è consentito l'aborto terapeutico anche a gravidanza avanzata per coppie che abbiano concepito un figlio affetto da una malattia genetica, d'altro canto si vieta di poter agire preventivamente, fruendo della diagnosi preimpianto sull'embrione». Paradosso verissimo, però esattamente opposto a quello del professore: se la legge 40 fa obbligo di salvare l'embrione, perché la legge 194 consente, come "terapia", di far morire quello stesso figlio quando, ancora nel grembo materno, ha un'età di appena qualche mese?
TRA DAT E DAF
Potrebbe anche darsi che abbiano ragione i due buoni cristiani, che su un'intera pagina del Foglio protestano (giovedì 17 novembre) perché, in un paese della bergamasca, il loro parroco non ha concesso al padre di uno di loro la celebrazione del funerale secondo il rito latino nonostante il Motu proprio Summorum Pontificum. Ciò che lascia perplessi è la motivazione della richiesta: il defunto voleva «la sua messa, quella in latino ricamata di oremus, dominusvobiscum e Kyrie eleison splendidi e secolari», insomma come quel funerale che «il Peppone di Guareschi» volle «per la vecchia maestra del paese, nella bara coperta dalla sua bandiera, quella ricamata con lo stemma del re». Con tutta la pietà per il defunto e per suo figlio, va ricordato che il Motu proprio pontificio ha motivazioni più consistenti di un ricamo, anche se di "oremus" in fili d'oro. Né è giustificato il paragone satirico tra Dat e «Daf, le Dichiarazioni anticipate di funerale».

PILLOLE INUTILI
Appare su La Stampa (martedì 15) una specie di piccolo manuale di emergenza contraccettiva a domande e risposte, da cui si ricava però, che contro la palese intenzione del curatore, le pillole dei cinque e del giorno dopo non servirebbero a niente. Perché, la pillola si chiama così? Risposta: «Mentre l'ovulo vive soltanto 24 ore, gli spermatozoi possono essere attivi fino a cinque giorni…». Se è così, che ci stanno a fare dalla 25ª ora in poi? Lui spiega: «Se il farmaco riesce a interferire nell'unione tra spermatozoi e ovulo per cinque giorni […] si supera il rischio di gravidanza». C'è da credergli: già il «giorno dopo» l'ovulo sarebbe morto.

INOPPORTUNO
Non convince il paragone con gli uomini che Repubblica (giovedì 10) fa implicitamente su «l'amore diverso di Pedro e Buddy», due pinguini maschi omosessuali, che lo zoo di Toronto guarda con preoccupazione, perché la specie cui appartengono è a rischio di estinzione. Non è corretto paragonare esseri umani a due pinguini.
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