Il Novecento fuori dal coro nel “Diario” di Bellocchio
venerdì 31 marzo 2023
La “lezione di letteratura” che si è tenuta lo scorso mercoledì 29 all’Auditorium di Roma era dedicata a Piergiorgio Bellocchio, il più anomalo dei nostri scrittori, scomparso un anno fa. Il ciclo di queste lezioni è organizzato dalla fondazione De Sanctis e in questo caso a parlare di Bellocchio eravamo suo fratello Marco e io. Si trattava di delineare, interpretare e comprendere le particolari caratteristiche di un intellettuale e scrittore che nel corso della vita ha fatto davvero il possibile per non autopromuoversi, per mantenersi liberamente in disparte, marginale, fuori da quella “società dello spettacolo” in cui la letteratura sta annegando e sembra voler essere anzitutto presenza e visibilità pubblica, anzi pubblicitaria, cioè merce da vendere. La stessa attività dei recensori appartiene ormai e quasi del tutto più alla “promozione” che alla riflessione critica. Della reale qualità della letteratura la maggior parte dei recensori non osa più dire niente che possa disturbarne l’enfasi pubblicitaria. Le classifiche dei libri più venduti vengono prese per giudizi di valore. Il fatto che Piergiorgio Bellocchio abbia preferito esprimersi attraverso riviste e diari, evitando il più possibile generi editoriali e letterari come il romanzo e la saggistica monotematica più immediatamente riconoscibile dal compratore, è stata di per sé una singolarità significativa. Bellocchio fondò in gioventù, all’inizio degli anni sessanta, “Quaderni piacentini”, la rivista che nel decennio segnato dai movimenti del Sessantotto fu il più autorevole e onesto punto di riferimento critico. Ed è stata proprio l’idea di una “letteratura onesta” quella che più ha ispirato anche in seguito l’attività di Piergiorgio Bellocchio. La successiva rivista da lui fondata e scritta con me negli anni ottanta si chiamò “Diario”. Si trattava di disintossicarsi dalle ubriacature ideologiche della Nuova Sinistra “rivoluzionaria”, che produssero sia una nauseante retorica dell’estremismo che la criminalità terroristica. Diario del Novecento è ora anche il titolo del libro pubblicato dal Saggiatore a cura di Gianni D’Amo, al centro dell’attenzione due giorni fa all’Auditorium. In questo caso si tratta di diario vero e proprio, mai pubblicato in vita dall’autore. Sempre si sono scritti diari privati per essere anzitutto sinceri e onesti con sé stessi: ma la letteratura italiana è povera di diari e se anche la nostra narrativa manca spesso di consistenza intellettuale e morale è perché noi italiani non siamo molto portati all’esame di coscienza. Piergiorgio Bellocchio si può dire invece che non abbia fatto altro. Per questo i suoi diari possono essere letti come il miglior romanzo non intenzionale con cui si è concluso il nostro Novecento letterario. © riproduzione riservata
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