venerdì 16 gennaio 2009
Una sera con Luciano Moggi, in tivù, mercoledì a "Porta a porta". L'ho conosciuto negli anni Sessanta, numerose le comuni sedute... televisive, qualche colazione di lavoro, una cena con la sua famiglia nella saletta riservata di un ristorante, a Torino: giusto le occasioni per valutare la sua evidente doppia personalità. In privato, uomo sereno e affidabile pieno d'amore per Padre Pio che un tempo - dice - gli ha salvato la vita. In pubblico... lo avete conosciuto tutti.
Io confermo: sì, lo conoscevo bene, ha approfittato del suo potere per stravolgere il mondo del calcio, ha alimentato uno scandalo enorme ma non posso far finta di nulla, adesso, o addirittura - come vedo fare a presunti gentiluomini - ripudiare il passato e inventare - dicono oggi con pubblica faccia tosta - che sì, si trattava giusto di una conoscenza casuale... "Ah, sì, bè, non ricordavo le cene a casa tua, le cene a casa mia, le nostre famiglie, i nostri figli...".
Quando c'è Lui, adesso, stanno tutti sul chi vive, io no: Moggi l'ho conosciuto "Paletta" (soprannome che nasce dal primo lavoro come assistente di stazione nelle Ferrovie dello Stato), eppoi "Lucky Luciano", re del mercato, ma per me è sempre stato un furbo di tre cotte, uno stakanovista del pallone impegnato quarantott'ore al giorno nella sua scalata al potere; purtroppo per lui, seppur toscano di Monticiano, non ha letto
Padre Dante, sennò avrebbe saputo che chi troppo in alto sale...
I suoi polli si sono ribellati e l'han beccato. Il calcio l'ha arricchito e punito. Se sbagli, la vita spesso te la fa pagare. Legittimo, peraltro, il desiderio che ha, Moggi, di avere restituita dal prossimo processo la dignità che gli ha sottratto la denuncia penale. Lo han fatto diventare il Mostro,
è troppo anche per lui. Gli è soprattutto mancata la cultura per poter gestire il successo, s'è montato la testa come uno dei tanti furbetti del quartierino numerosi nel Bel Paese degli arrangiatori. Sto tuttavia notando che nell'estremo tentativo di difendersi ha trovato un ruolo anche in questa nuova veste. Bravo Mostro: i media abboccano.
Nel dibattito ho colto - come spesso accade in tv - perle di saggezza. Di solito le regala chi saggio non è. Ho sentito dire che il mondo del giornalismo è colpevole, tutti sono colpevoli. No. Sono colpevoli tutti quelli che esercitano un mestiere difficile e importante con la disinvoltura dei guitti. E con la smemoratezza - direi impudenza - di cui ho già parlato.
Già: gli smemorati che incensavano la Gea, partecipavano alle sue pubbliche feste, spesso ricavandone anche utili economici e di posizione, e saltellavano intorno al Mostro come buffoni di corte. Dopo Calciopoli, son quasi tutti spariti, oppure han fatto finta di non aver visto, sentito e detto oltre le cialtronesche intercettazioni che ne hanno rivelato una minoranza. Una folla di cortigiani che magari, adesso, dopo una sentenza assolutoria (sul caso Gea), ne aspettano un'altra per poter risalire sul carro. Credetemi: non è scandaloso il calcio, sono scandalosi gli uomini.
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