giovedì 1 aprile 2021
Che potesse succedere era nel conto, ma credevamo di aver prevenuto il rischio. E invece è successo. Proprio nel momento più sbagliato. Giovedì 11 marzo avevo ricevuto da Amelia Conte, la mia neurologa del Centro Nemo di Roma, la notizia che potevano procedere con la tracheostomia programmata la settimana successiva, due o tre le settimane di ricovero. Avevo risposto che per me non c'erano problemi ma che avrei preferito rimandare, dato che la seconda dose del vaccino era già fissata per il 26 e temevo che rinviarla non fosse saggio. Invece, quella notte, crisi respiratoria improvvisa. Cosa sia successo non mi è chiaro, visto che avevo preso il sonnifero che mi aiuta a dormire. Quando mi sono svegliato ho visto la stanza invasa da molte persone, mia moglie e le mie figlie, le mie sorelle Francesca – medico – e Fernanda, mio cognato Ferruccio, anch'egli medico, mentre l'altro cognato Franco era in strada ad aspettare l'ambulanza. La saturazione era crollata sotto i 70, e anche se con l'ossigeno era risalita avevano deciso di farmi andare di corsa al Gemelli. Arrivata l'ambulanza, e scortato da tutti, sono arrivato al pronto soccorso poco dopo mezzanotte. E qui sono iniziati i problemi. Secondo il protocollo Covid mi hanno avviato verso l'isolamento intensivo, nonostante le proteste di mia moglie e dei due medici "al seguito": mettere un malato di Sla in crisi respiratoria in un percorso Covid non sembrava una grande idea, ma niente da fare. Il protocollo... La cosa deve aver avuto un seguito, visto che verso le dieci del mattino qualcuno mi viene ad avvisare che il primario del Nemo, Mario Sabatelli, mi avrebbe fatto trasferire in reparto quello stesso pomeriggio, se il tampone fosse stato negativo, e avrei trascorso lì il periodo d'isolamento previsto. Infatti. Tampone negativo e, alle 19, arrivo al reparto, con una diagnosi di polmonite non Covid. Isolamento vuol dire proprio isolamento, che per uno che non riesce a parlare è una tragedia. Così Sabatelli, d'accordo con la direzione sanitaria del Gemelli, fa in modo che la domenica mi arrivi il mio laptop, col puntatore ottico, per poter comunicare. E il lunedì arriva anche un'operatrice sanitaria che dividerà con me l'isolamento, trovata al volo da mia moglie che, invece, è già partita lancia in resta per far attivare la nuova assistenza domiciliare di cui avrò bisogno quando potrò tornare a casa. E perché questo possa essere il prima possibile. Ah, sì, perché visto che già stavo qui, lunedì 15, mi hanno fatto anche la tracheostomia…
(50-Avvenire.it/rubriche/Slalom)
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