martedì 24 luglio 2018
«Don Camillo fa il miracolo: è il prete ideale contro le divisioni clericali»: titolo ieri sul "Fatto" (p.10) per Fabrizio D'Esposito, che spesso trovi sensibile e mai superficiale. L'oggetto è la "creatura" di Giovanni Guareschi, nel 50° anniversario della morte dello scrittore e polemista, con il racconto di una «messa di suffragio con il rito antico del latino» sulla sua tomba. Dopo il ricordo di un articolo di Guareschi in polemica con il Concilio e le novità liturgiche leggi che «Don Camillo è diventato un pilastro della roccaforte tradizionalista che mai come adesso conduce una battaglia apocalittica contro "l'eretico" Bergoglio colpevole di protestantizzare la Chiesa». Tutto qui? No! Ecco: «Eppure, a differenza di tanti farisei d'oggi, don Camillo ha una carica umana lontana anni luce dalla destra (...) che (...) predilige la Dottrina al perdono (...) Il risultato è che (...) piace ai due papi della Chiesa, il regnante e l'emerito, come ha riportato "l'Osservatore Romano" riprendendo la rivista "Vita e Pensiero"».
Seguono citazioni di Benedetto e di Francesco, e in questa leggi che «di sé Don Camillo diceva: sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, ne sa i dolori e le gioie, soffre e sa ridere con loro». Perfetto, ma quello che mi pare interessante da scoprire, merito forse inconscio dello stesso Guareschi, è che alla base di questa vicinanza "ai due Papi" è la presenza continua nelle vicende di don Camillo di Uno che gli parla, lo ascolta, lo incoraggia, gli ricorda i suoi limiti e glieli fa sia accettare che riparare...
Quei "dialoghi" tra il Crocifisso e il povero prete di campagna sono il segreto del successo di Don Camillo. Questo, e non altro dovrebbe essere il segreto di ogni prete vero, e anche di ogni cristiano. Chi oggi grida all'eresia confonde il Signore e la Chiesa con le sue fisime mondanissime!
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