mercoledì 5 giugno 2019
Giampaolo Ferri è uno dei massimi esperti italiani del settore ortofrutta e il paragone sui cambiamenti dei consumi che ha utilizzato è quanto mai efficace: «Il consumatore è simile all'elettore per cui le tendenze possono essere rivoluzionate nel giro di un'elezione e quello che prima era l'alimento più consumato è già pronto a passare di moda». Consumi e politica in balia delle mode dunque? Non proprio, perché in entrambi i campi affiorano, spesso, quelli che possiamo definire "valori". Nell'ortofrutta un valore acclarato è quello salutistico, per cui basta andare in qualsiasi banco della Gdo e scoprire che il mango e l'avocado, la papaya e il kiwi non possono mai mancare. Dunque se l'italianità rimane un valore (chiamiamolo chilometro zero, per identificare un tormentone che ha fatto presa), adesso non lo è più in assoluto, dice sempre Ferri. «Certo tutti vogliono comprare italiano, ma avocado e papaya e piccoli frutti fuori stagione? In questo caso il risvolto nutrizionale è più importante della provenienza». Tutto questo modifica anche l'offerta e, a sorpresa, si scopre che l'agricoltura del Sud Italia sta mostrando una certa modernità. Per esempio hanno iniziato a produrre avocado in Sicilia, mentre clementine e arance si trovano fino a maggio. Ma non è finita, perché le abitudini d'acquisto sono cambiate parecchio. Per Giampaolo Ferri, da 35 anni nel mondo dei buyer della Gdo «chi va a fare la spesa sa che mangerà per esempio due mele al giorno e non 500 grammi». Poi magari quelle due mele le paga di più, ma almeno avrà la certezza di non sprecarle, come sarebbe accaduto con l'acquisto in cassetta. In questo modo, tramite l'imballaggio, il produttore allunga la shelf-life del prodotto e non si trova di fronte a un problema invasivo di smaltimento. Ma non è finita, perché il boom della frutta secca, alla cassa, viene rimesso in discussione: non più mix acritici, ma ispirati a una qualche base scientifica che poi detta le regole degli accostamenti e delle porzioni. Detto questo, tornando alla politica che in questi giorni viene definita "balneare" per varie questioni, bisogna capire come è possibile aiutare la produzione italiana a vivere i cambiamenti. Che piano stiamo applicando? Dopo le Europee avevamo l'attesa di tante risposte. Ma se l'unica che ci arriva è la via delle urne, vien proprio da dire che: siamo arrivati alla frutta.
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