Il lungo autunno dell'agricoltura
sabato 12 novembre 2011
Annata difficile quella che si è chiusa ieri per l'agricoltura nazionale. Stando ai numeri sciorinati in questi giorni, la produzione è diminuita per diversi comparti e i consumi interni sono ancora al palo; ma le vendite all'estero hanno dimostrato vigore e i prezzi all'origine sembra si siano attestati su livelli mediamente più elevati rispetto a un anno fa. Stando alle organizzazioni agricole, tuttavia, il risultato è chiaro: i coltivatori probabilmente vedranno diminuire ancora i loro redditi.
Per l'Ismea, l'andamento dell'agricoltura nel 2011 è stato «a due velocità». È vero che la produzione agricola ha fatto segnare una significativa riduzione nei comparti di frumento, vino, olio di oliva, suini e bovini da macello, ma sono cresciuti i numeri dei lattiero-caseari e della frutta fresca. Forti riduzioni, quindi, si sono registrate nei raccolti di grano tenero per il pane (-25%), in quello duro per la pasta (-9%), nella vendemmia (-10%) ed anche per l'olio di oliva (-5 %). Aumentano, invece, le consegne di latte con una stima pari ad un +1,7% su base annua che dovrebbe tradursi in un incremento del 2% della produzione di formaggi.
Dal punto di vista dei prezzi, sempre per l'Ismea, pur tenendo conto di una flessione nel trimestre luglio-settembre, le quotazioni su base annua hanno registrato un forte apprezzamento (+17,3%). In crescita anche i costi di produzione che in nove mesi sono lievitati del 5,1%.
A pesare per davvero, sono le prospettive e, guardando alla cronaca recente, la schizofrenia dei mercati. Coldiretti pone un esempio per tutti, quello della frutta fresca estiva. In termini produttivi, infatti, è stato archiviato un aumento delle quantità pari all'1,3% – grazie soprattutto ai migliori raccolti di pere, mele e kiwi, solo parzialmente controbilanciati da una caduta dell'uva da tavola – ma in termini economici i coltivatori hanno dovuto combattere con la crisi di prodotti d'eccellenza come le pesche e le nettarine che hanno subito quotazioni insostenibili alla produzione, al di sotto dei costi delle imprese.
È una situazione difficile, quindi, ma non disperata quella che stanno vivendo i campi italiani. Anche se, come stima la Cia-Confederazione italiana agricoltori, quest'anno dovrebbe essersi verificato pure un calo del 3% degli investimenti e una nuova flessione del numero di imprese (-15 mila rispetto al 2010).
Poi c'è la questione dei giovani. Per le organizzazioni agricole il ricambio generazione
nel comparto è «praticamente inesistente». Secondo Confagricoltura, sembra che soltanto il 3% delle aziende sia guidato da imprenditori sotto i 35 anni e solo il 2,3% delle aziende storiche ha vissuto l'arrivo di un giovane nella conduzione. Da qui un appello che suona però come un grido di disperazione: l'agricoltura ha bisogno di nuove leve per andare avanti. Vedremo chi sarà capace di dare lo spazio che meritano. In gioco non c'è solo qualche bontà agroalimentare, ma l'assetto del territorio e un ambiente migliore.
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