sabato 1 marzo 2003
Mettiti in testa parrucche con tanti riccioli, mettiti ai piedi coturni alti un braccio, resterai sempre quello che sei. Ormai è diventata persino materia di "alta" discussione nei talk show televisivi: i miracoli della chirurgia plastica riescono a plasmare creature perfette e desiderabili, anche se del tutto artificiali. Artificiali non solo perché
hanno guance, labbra, seni, gambe rifatte con materiali "plastici" ma anche perché lo sono nell'anima, nella coscienza, nell'umanità divenute del tutto "plastiche", cioè molli, inconsistenti, insapori. In questa civiltà del trucco permanente, per cui devi nasconderti il volto dietro spessi strati di cosmetici, indossare parrucche, alzare segretamente i tacchi e ricostruirti col lifting, è facile che ci si illuda che sia possibile anche cambiare l'anima e ingannare se stessi e Dio. È ciò che dice il grande Goethe in quella frase che sopra ho citato e che ho trovato su un'agenda che apre ogni giornata con un motto. Dopo tutto, il mito di Faust era proprio quello di guadagnare una sorta di fissità perenne in una giovinezza senza fine. Ma ciò che più è rilevante nella frase del poeta tedesco è la conclusione: «resterai sempre quello che sei». L'inganno può forse valere in televisione, può illudere chi ti circonda, ma non può eliminare la realtà vera. Nell'Apocalisse si legge un'accusa lapidaria: «Tu dici: sono ricco, mi sento potente, non ho bisogno di nulla! E invece non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo» (3, 17).
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