sabato 23 aprile 2016
C'è un momento della nostra vita nel quale sentiamo la necessità di voltarci indietro, quasi a riconoscere noi stessi, come a mettere un punto fermo per riprendere il cammino con passo differente. Non è l'età dei ricordi perché quando scattano quegli anni la mente ha già scelto di trattenere ciò che le è parso più necessario e lasciare invece dietro di sé i buchi più oscuri e le ombre fuggevoli. Sempre viva è invece la tentazione di ricostruire solo per noi momenti di letizia, di sorrisi, di qualche soddisfazione personale. Basta un minuto e quella accoglienza inaspettata, quelle lacrime già viste o il sorriso che ti sembra di aver riconosciuto, possono dare pace al tuo cuore per un altro giorno. È questo che cerchiamo quando vorremmo chiudere gli occhi e farci abbracciare dalla notte che nasconde il nostro affanno di vivere. Ed è sempre questo che vorremmo per cancellare i rimorsi, la coscienza di essere inutili a chi ci chiama, la paura di essere scoperti nel nostro silenzio che non ha risposta al pianto degli altri. Mai come oggi il grido di aiuto gira attorno al mondo come un vento senza fine e passa vicino a noi che camminiamo sulle nostre strade con i terminali dei telefonini nelle orecchie per ascoltare le voci che ci distraggono dalla realtà. Verità che non ci fermiamo a guardare quasi non appartenesse anche a noi questa umanità trasportata da un paese all'altro vestita di sola speranza. Per quanto tempo ancora si sfuggirà dai Paesi del Nord Africa, dall'Etiopia e dall'Eritrea ed ora anche dal Bangladesh, dal Pakistan senza immaginare che la maggior parte di loro verrà chiusa nei campi di raccolta, forse senza trovare mai quella nuova vita che li aveva spinti a fuggire la propria terra. Assistiamo quasi senza rendercene conto a una rivoluzione dove etnie e religioni diverse, porranno problemi per lungo tempo alla nostra società che dovrà rivedere le proprie regole, la comprensione e condivisione di modi di vivere e di pensare, quando avevamo creduto fosse la nostra l'unica giusta risposta alla vita. Trovare un luogo dove queste migrazioni possano fermarsi e costruirvi una nuova patria è una sciocca illusione come la costruzione dei muri o dei fili spinati. Forse un aiuto in fatto di possibile lavoro realmente offerto e proposto sulle loro terre di provenienza, potrà a lungo termine essere un richiamo. Al momento non ci resta che condividere con animo cristiano ciò che abbiamo, lentamente offrendo una possibilità di vita, goccia a goccia per soddisfare la sete a chi è stata tolta la dignità e la pace.
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