martedì 7 gennaio 2014
Amo visitare le chiese perché ho imparato che anche in quelle apparentemente meno interessanti, c'è sempre, oltre la presenza indicibile del Padreterno, qualche regalo per la memoria. Sia anche solo una cornice intagliata sapientemente da un ebanista anonimo del passato remoto. Mi è impossibile, in particolare, sfuggire al soggetto di san Gerolamo che traduce la bibbia in compagnia del suo amico leone. Stavo pensando esattamente questo, quando sotto un porticato di una città di mare, nei pressi del porto, m'imbatto in un uomo seduto su una sedia impagliata e, ai suoi piedi, un gatto è steso in tutta la sua lunghezza: di tanto in tanto guardandosi intorno beatamente. Il fatto è che una mezza dozzina di topolini bianchi e neri, gli passa fra le zampe, lo valicano come fosse una collinetta, persino gli solleticano i baffi. Niente, niente di niente turba la tranquillità di quella inconsueta eterogenea amicalità. L'uomo mi racconta di avere acquistato, controvoglia, due topini da un ragazzo che li cedeva per il prezzo di una birra, il resto è lì da vedere. Non ha fatto altro che trasmettere agli animali, la pace e la mancanza di egoismo che reca dentro di sé. La gente passa, qualcuno scuote la testa, altri sorridono, altri ancora ignorano. C'è qualcosa di evangelico in tutto ciò. Penso che con questa immagine si potrebbe fare un manifesto per l'Onu. Torno il giorno dopo ma non ci sono più. Oramai però ho trafugato la loro decisiva alleanza.
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