venerdì 18 novembre 2011
Lunedì sera, a Parma, la giuria del Premio Sport-Civiltà s'è raccolta intorno al grande protagonista della serata, Andrea Agnelli, presidente della Juve, cui è andato il riconoscimento per Sport & Lavoro. In comproprietà con il cugino John Elkann, presidente della Fiat. A fine estate, quando i giurati (quorum ego) hanno votato i candidati al premio, ho subito dubitato che avremmo potuto incontrare al “Regio” di Parma i Due Cugini, non perché - come sostengono le malelingue - non vi sia fra loro gran feeling, ma perché sul terreno calcistico, all'origine del riconoscimento, John preferisce lasciar fare a Andrea, fresco di nomina presidenziale, “titolare” del nuovo magnifico stadio, autore del rinnovamento tecnico in fieri della Juve e dell'offensiva legale che sta turbando la Federcalcio del prudente ma deciso Giancarlo Abete. E infatti Andrea - assente John - ha occupato la scena del “Regio” pubblicizzando in dettaglio la sua ultima sparata post-Calciopoli: la richiesta alla Figc di 443 milioni di euro per danni concreti e d'immagine causati dall'ormai storica sentenza che sul piano sportivo il Tribunale di Napoli ha sostanzialmente confermato, comminando a Moggi e compagni pene in sintonia con quelle decise nel 2006 dalla giustizia sportiva. D'altra parte, prendendo puntualmente nota delle proteste di Andrea Agnelli, mi son sempre chiesto perché non le abbia esternate, fin dall'inizio, proprio a John Elkann che nei tristi giorni dello scandalo aveva permesso che gli avvocati della Juve, invocando la clemenza della corte, portassero a casa - con sollievo - la dura condanna alla B. Mentre ho ben compreso l'ira del presidente bianconero per l'avvenuta assegnazione di uno scudetto “juventino” all'eterna rivale nerazzurra, a quell'Inter che ai tempi di Calciopoli risultò martire degli imbrogli moggiani mentre di recente è apparsa a sua volta fruitrice di... solidali ascolti arbitrali. In questo clima tempestoso sono arrivati, improvvisi e inattesi, i fulmini di Gianni Petrucci, cui mi sento di rivolgere il “grazie” che già gli dissi nei giorni di Calciopoli, quando dilettanti allo sbaraglio consegnarono la Federcalcio all'estraneo Commissario Rossi, mentre lui, il presidente del Coni, di lì a poco avrebbe affidato la Figc al vero uomo di sport Luca Pancalli. Petrucci - alla maniera del grande Giulio Onesti, colui che coniò la definizione di “ricchi scemi” per i Padroni del Vapore pallonaro travolti da una crisi tecnica e economica - ha duramente redarguito i Signori del Doping Legale: Moratti - guarda un po' - ha subito espresso solidarietà al signore dello sport italiano; Agnelli - già colpito dalla decisione del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport che ha lasciato all'Inter lo scudetto... di cartone - è sollecitamente corso ai ripari aderendo all'iniziativa petrucciana di un Tavolo della Pace. E dire che sarebbe bastato ascoltare le parole di italica pax pronunciate il giorno prima davanti al Presidente della Repubblica Napolitano dal leader azzurro Gigi Buffon. Capitano della Juventus.
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