domenica 9 novembre 2014
Il suicidio della giovane americana Brittany Maynard ha rilanciato la campagna per legalizzare l'uccisione del consenziente e l'eutanasia e ha riaperto la questione "dignità della morte". Il manifesto scrive che il Vaticano ha lanciato un «anatema contro la ragazza suicida»: il Corriere della Sera, però, cita mons. Ignacio Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita: «il Signore l'ha certamente accolta». Un caso di "manifesta" bugia, quello del "quotidiano comunista".Per Massimo Gramellini (La Stampa, mercoledì 5) «la Chiesa ha tutto il diritto di interpretare i dettami della divinità a beneficio di coloro che le riconoscono la funzione di intermediaria», ma deplorare quella morte «significa non sapere più dove stia di casa la parola “umanità”». Ahimè, se il noto interventista di “Che tempo che fa” non avesse paura della parola Dio ed evitasse vaquità e nonsensi sulla Chiesa, capirebbe il problema della (inesistente) dignità della morte che, lo vedremo tra poco, è molto semplice. Invece Il Fatto Quotidiano si chiede: «Chi ha la dignità giusta per misurare la dignità?». Nessuno, perché la dignità dell'uomo non è una quantità misurabile, ma la sua stessa vita. Già all'inizio del III secolo Sant'Ireneo di Lione scriveva “Gloria Dei vivens homo” (La gloria di Dio è l'uomo che vive). Chi perde dignità è piuttosto quella cultura che spinge al suicidio o all'eutanasia. Meglio Corrado Augias (La Repubblica) anche se confessa che, tempo fa, si era «procurato i farmaci letali», ma poi ha lasciato che «scadessero e non li ho più rinnovati […] confidando sull'umana misericordia dei medici». Augias si preoccupa, piuttosto, che un'eventuale legge preveda «ogni possibile raggiro o intenzione nascosti» di persone interessate alla morte altrui. E approva il “testamento biologico” come rifiuto dell'“accanimento terapeutico”, che anche la morale cattolica deplora. Rivendicare la dignità della morte, insomma, è vano, perché il diritto è riferibile non alla morte bensì alla dignità dell'uomo, che dura quanto la vita e muore con la morte. Vuol dire non sottrarre al malato le condizioni mediche e di sostegno necessarie affinché la vita non finisca per un'azione diretta. E allora morire con dignità significa morire senza rinnegare la vita. Afferma una bioeticista dell'Università Federico II a Napoli, Mariangela Caporale, che rivendicare la dignità della morte «è, in realtà, riaffermare il diritto alla vita» e quindi il dovere di vivere finché c'è vita.L'immigrato chi lo pesca?«È scattata l'operazione “Triton”: l'immigrato ce lo pesca l'Europa». Per Libero (2 novembre, giorno della commemorazione dei defunti) questo è il senso della collaborazione trovata fra i Paesi dell'Europa Unita nell'impegno comune (abbastanza scarso e solo di otto sui 28 Paesi della Comunità) per il salvataggio degli immigranti naufragati o in pericolo di naufragio: «L'unica buona notizia è che Mare Nostrum è andato in pensione: 114 milioni di Euro, 558 interventi e 2mila tra morti e dispersi». Questo è il commento e queste sono i numeri di Libero: nessun povero Cristo salvato, nessun immigrato accolto. Per il quotidiano di Belpietro, di Giordano, di Facci questi sono i soli numeri che contano. Quasi come la Lega, per la quale la vera soluzione è l'abbandono degli immigrati al loro destino in mezzo al mare: così annegano, imparano e non ci provano più e forse la pesca, ora in crisi, sarà incrementata dall'aumento della fauna marina. Quello che conta sono solo i "dané", che non conoscono amore, prossimo, dignità, carità (non il mezzo euro al mendicante, ma quella fattiva del Buon Samaritano). Tutto come risposta politica alla campagna del “no alle parole che uccidono”.
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