mercoledì 2 marzo 2011
Il celebre psichiatra Vittorino Andreoli ha pubblicato un libro simpatico e suggerente intitolato Il denaro in testa (Rizzoli, pagine 252, euro 17,50) per analizzare il rapporto dell'uomo (e della donna) con i soldi e, più in generale, per riflettere sulla suddivisione tra ricchi e poveri che caratterizza la società non solo nostra. Lo stile è liquido e spesso autobiografico. Per una volta, è lo psichiatra che si distende sul lettino e si mette a raccontare ai lettori, ed eventualmente ai colleghi, anche il suo rapporto col denaro. Per esempio, si dichiara collezionista di portafogli e di penne stilografiche, e ci mette a parte di un'avventura canadese quando scoprì un supermercato che vendeva camicie a un dollaro e, come se non bastasse, dieci camicie al prezzo di otto. Fatti rapidi conti, decise di acquistarne addirittura venti, contando di impressionare la moglie per il proprio talento negli affari. Ma la moglie scoprì subito che si trattava di camicie in tessuto sintetico che, addirittura, emanava scintille, quindi assolutamente importabili, tanto più che di camicie Andreoli ne aveva già dei cassetti pieni. E qui, se è consentito il rilievo, si nota la mancata distinzione tra ricchezza e distacco: ricco non è soltanto chi ha molti soldi, ma anche chi è attaccato alle proprie camicie o alle proprie collezioni. Giustamente Andreoli fa notare che il denaro dovrebbe essere un mezzo, non un fine. Un mezzo anche per fare del bene: infatti, non mancano paragrafi sulla funzione filantropica del denaro. Del resto, chi potrebbe soccorrere i poveri, se non i ricchi? Se la beatitudine evangelica fosse da intendere letteralmente, si dovrebbero sospendere tutte le iniziative umanitarie, perché i poveri sarebbero già beati, e invece si deve fare di tutto per combattere la povertà, la fame nel mondo, e per alleviare le conseguenze delle calamità naturali. Lo "spirito" della beatitudine è, appunto, il distacco, accanto al dovere della solidarietà. Andreoli lamenta l'assenza di una «filosofia del denaro»: segnaliamo ai lettori l'eccellente volume di Vittorio Mathieu, che dice quasi tutto sull'argomento, pubblicato da Armando nel 1985 (nel 1992 ne è stata tratta una videocassetta a cura dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana). Lo psichiatra non entra direttamente nel campo dell'economia, e infatti trascura la fondamentale distinzione economica tra valore d'uso (il valore intrinseco dei beni) e il valore di scambio (cioè il prezzo), concentrandosi esclusivamente sul secondo. Non se ne può fargliene una colpa perché, secondo la competenza dell'autore, interessano le descrizioni comportamentali delle persone nei riguardi del denaro. Infatti, le pagine più interessanti riguardano i disturbi psichici legati al denaro, come la «parafrenia monetaria» di chi elabora straordinarie fantasie sul denaro e finisce per credere a situazioni meramente illusorie. Viene anche esaminato l'uso distruttivo del denaro, sia quando se ne ha molto, sia quando non ce n'è. Il volume termina con un decalogo dei «bisogni dell'uomo del tempo presente». In sintesi: l'uomo ha bisogno di sicurezza; ha bisogno di non stare solo; ha bisogno di prolungarsi nei figli; ha bisogno di vivere in società; ha bisogno di un bilancio positivo tra gratificazione e frustrazione; ha bisogno di serenità e di gioia più che di libertà; ha bisogno di sentirsi utile; ha bisogno di pregare; ha bisogno di uguaglianza; ha bisogno di giocare per mostrare il bambino che c'è in lui. E Andreoli conclude: «Per nessuno di questi bisogni serve il denaro. Semmai aiuta a soddisfarli meglio». Conclusione che ricorda una frase attribuita a Marilyn Monroe: «È meglio piangere in Rolls Royce che in un vagone affollato del metrò».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI