Il “contagio” del Vangelo e della fede si trasmette solo per testimonianza
venerdì 14 aprile 2023
In una società apparentemente già del tutto cristianizzata, ci sentiamo davvero ancora responsabili dell’annuncio del Vangelo? Sappiamo il vero significato della parola “testimonianza”, che altro non è se non mostrare agli altri ciò in cui crediamo attraverso il nostro stile di vita, il nostro modo di essere? A ricordarci che la fede “funziona” così, quasi per “contagio”, è la storia dei santi Tiburzio, Valeriano e Massimo, martiri vissuti tra il secondo e il terzo secolo. Per la tradizione Valeriano era il marito di santa Cecilia, che, con la sua testimonianza, aveva piantato nel cuore dell’uomo il seme dell’annuncio del Risorto portandolo ad aderire al Vangelo. Dopo aver ricevuto il Battesimo da Urbano I (Papa dal 222 al 230), Valeriano portò alla fede cristiana anche il fratello Tiburzio. La conversione però costò ai due fratelli una condanna a morte da parte del prefetto Almachio, che li affidò alla custodia del “cornicularius” Massimo (ufficiale in seconda del console). L’ufficiale, però, anch’egli affascinato dal modo in cui la fede aveva trasformato e plasmato le vite di Valeriano e di Tiburzio, prima di fare eseguire la sentenza si convertì, venendo così condannato e ucciso qualche giorno dopo. I due fratelli furono martirizzati e sepolti in un posto chiamato Pagus, a quattro miglia da Roma, ma che non è stato identificato. Era probabilmente l’anno 229. Altri santi. San Giovanni di Montemarano, vescovo (XI sec.); sant’Alfonso da Siviglia, religioso (XV sec.). Letture. Romano. At 4,1-12; Sal 117; Gv 21,1-14. Ambrosiano. At 10,34-43; Sal 95 (96); Fil 2,5-11; Mc 16,1-7. Bizantino. At 3,1-8; Gv 2,12-22. t.me/santoavvenire
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