Il «caso trentini»Suicidio assistito un altro processo Ma c'è la Consulta
giovedì 6 febbraio 2020
MarcelloPalmieri
Quale sarà la reale portata della sentenza 242 della Corte Costituzionale, che ha (parzialmente) aperto al suicidio assistito? La si scoprirà quando andrà a sentenza un altro procedimento contro Marco Cappato: stavolta, il tesoriere dell'associazione Luca Coscioni è imputato dal Tribunale di Massa (Massa Carrara) insieme a Mina Welby, co-presidente del sodalizio radicale, per aver entrambi aiutato a morire in Svizzera, nel 2017, Davide Trentini, affetto da sclerosi multipla. Ieri avrebbe dovuto essere ascoltato in aula il consulente tecnico della difesa, l'anestesista cremonese Mario Riccio, ma in seguito a un suo dichiarato impedimento il processo è stato rinviato al 18 marzo. Ed è alta l'attesa del verdetto, perchè permetterà di comprendere se la sentenza della Consulta verrà applicata secondo la sua (chiara) portata letterale, oppure se si tenterà di usarla per forzare ulteriormente il nostro sistema giuridico.
La riflessione non può che partire dal testo dei giudici costituzionali, del cui dispositivo rilevano qui due particolari prescrizioni: la prima è quella secondo cui non è punibile per violazione dell'articolo 580 del Codice penale chi aiuti a morire il paziente affetto da una malattia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche da lui ritenute intollerabili, che sia già stato sottoposto a un percorso di cure palliative, che sia in grado di assumere decisioni libere e consapevoli, la cui sopravvivenza dipenda da specifici trattamenti vitali e a cui sia già stata fornita un'adeguata assistenza psicologica; la seconda è quella che precisa come l'assistenza nel suicidio prestata prima della sentenza depositata lo scorso novembre possa andare esente da pena pur se «prestata con modalità [...] diverse da quelle indicate», a patto che esse siano state «idonee [...] a offrire garanzie equivalenti». Questa sentenza scaturisce dal procedimento in Corte d'Assise di Milano contro lo stesso Cappato, che sempre nel 2017 aveva accompagnato alla morte in Svizzera dj Fabo: cieco, tetraplegico, tenuto in vita (anche) da un respiratore artificiale. Proprio da questa vicenda, a sua volta, sgorgano le condizioni della Consulta, che a fine dicembre hanno portato all'assoluzione milanese di Cappato (motivazioni depositate settimana scorsa). Diverso è il caso di Trentini, la cui malattia non imponeva la somministrazione di trattamenti vitali. Per Marco Mansi, pm del procedimento toscano, «la pronuncia della Corte Costituzionale conferma indirettamente che il nostro esercizio dell'azione penale era giustificato».
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