Il blogger condannato a morte: un'altra specie di digital divide
venerdì 18 novembre 2016
Tra i sempre numerosi riferimenti che incontro, durante la mia navigazione in Rete, alla religione che divide e che giustifica la violenza, mi ha colpito un aggiornamento sulla vicenda di Mohamed Ould Cheikh Ould Mkhaitir. La devo al sito di "Africa" ( tinyurl.com/hlw45vd ) e a quello di "Nigrizia" ( tinyurl.com/z7v5mua ), che a loro volta cucinano fonti internazionali. Quest'uomo, oggi trentaduenne, di professione tecnico in una compagnia mineraria, è stato condannato in Mauritania nel 2014 alla pena di morte per apostasia: un anno prima aveva scritto un post critico verso quelle interpretazioni dei testi islamici che giustificano, nel suo Paese, la schiavitù e la discriminazione su base etnica. Si è dichiarato pentito e, sostenuto da alcune ong internazionali, ha fatto appello presso la Corte suprema per ottenere la grazia, ma ora, nell'imminenza della sentenza, un'istituzione religiosa, il Forum degli imam e degli ulema, ha chiesto che la condanna sia comunque eseguita.
Riprendo qui la notizia perché tutte le fonti qualificano Mkhaitir come un blogger, sebbene, secondo "Freedom Now" ( tinyurl.com/hupkj2a ), quello che l'ha fatto arrestare fosse il primo post del suo blog, dopo una precedente "carriera" su Facebook), e allora vale la pena mettere a fuoco la differenza, non banale, tra fare il blogger là dove la libertà di espressione è comunque garantita e farlo dove il potere politico, spalleggiato o meno da quello religioso, non la garantisce affatto. Dovremmo prendere, dunque, meglio coscienza di un aspetto del digital divide che non avevamo considerato: quello che, a parità di tecnologie a disposizione, rende comunque diversi i ricchi (di libertà, in questo caso) dai poveri, e anche chi usa i social network in zona di guerra (e a quanto sappiamo anche a fini di guerra) da chi li usa in tempo e in luoghi di pace. E magari mostrarci grati per le condizioni favorevoli in cui possiamo esprimerci online: ad esempio, praticando un po' di automoderazione, specie se postiamo su argomenti sensibili come quelli che hanno a che fare con la religione.
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