giovedì 9 agosto 2012
Martedì, "Fatto Quotidiano" (p. 19) il lettore Gianluigi chiede a Furio Colombo come mai in Italia «di frequente» anche sui media parlando di qualcuno «vi sia l'indicazione aggiuntiva "cattolico"», mentre «non succede mai se si tratta di altra fede». Per Gianluigi forse «l'indicazione aggiuntiva ha a che fare con una particolare affidabilità», con evidente effetto «discriminatorio». E Furio? Non solo acconsente, ma aggrava l'ipotesi. Per lui in Italia essere, dirsi e soprattutto essere detto «cattolico» è un ingiusto privilegio che danneggia gli altri, i «diversi», e questo anche e «soprattutto a sinistra», contraddicendo p. es. la supposizione che «il Pd sia un partito laico». Insomma, per Colombo, quel «cattolico» aggiunto alla identità di chiunque lo privilegia ingiustamente e crea una «situazione squilibrata». Che dire? Verissimo! Lo sanno tutti: da noi i cattolici, come tali, occupano tutte – o quasi – le posizioni di privilegio. Presidente della Repubblica? Un notissimo cattolico! E del Consiglio? Un devotissimo baciapile! E della Camera? Il chierichetto Fini e via via «per li rami» discendenti. Quanto ai media, tutti sanno che il direttore di "Repubblica" consulta tutti i giorni i vescovi e li ascolta in ginocchio, e via via giù anche qui. Basta del resto leggere i giornali! È noto: gli unici che hanno qualche problema – piccolo per carità – con i preti, perché alla fine, come annotava già Cesare Pascarella, «sotto c'è sempre la mano de li preti», sono due giornali, i soli incredibilmente sordi ai diktat di Papa e Cei: "Osservatore Romano" e "Avvenire". E poi… Via! Anche questo si sa: Colombo ha ragione! Non ha dimenticato che a suo tempo entrò in Rai con Umberto Eco e Gianni Vattimo, allora "cattolici" doc e noti chierichetti.
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