I «Fiori musicali» di Frescobaldi sublimi forme sonore della liturgia
domenica 29 maggio 2011
Nel 1635 Girolamo Frescobaldi (1583-1643) diede alle stampe la raccolta intitolata Fiori musicali, una silloge di quarantasei brani per organo scritti per accompagnare il servizio liturgico divenuta ben presto punto di riferimento imprescindibile per compositori e tastieristi in genere, al punto che nei primi anni del Settecento lo stesso Bach ne approntò una copia di proprio pugno per la sua attività di esecutore e didatta.
Organista della Cappella Giulia presso la Basilica di San Pietro in Roma, Frescobaldi concentrò in queste pagine la summa del sapere teorico e dell'estro creativo che contraddistingueva la sua produzione, mediando il tutto alla luce di una profonda sensibilità spirituale. «Fiori musicali di diverse compositioni. Toccate, Kirie, Canzoni, Capricci e Ricercari in partitura a quattro, utili per sonatori...», recita infatti il frontespizio dell'opera, mentre nella premessa l'autore si raccomanda che queste pagine vengano eseguite con la massima preoccupazione per gli «affetti»; non si tratta dunque solo di esercizi tecnici di alta accademia, quanto di un compendio compiuto e omogeneo che lega strettamente queste opere alla destinazione liturgica per le quali erano state concepite.
E verso tale direzione si muove la registrazione approntata dall'organista Maurizio Croci delle tre grandi composizioni contenute nei Fiori Musicali: la Messa della Domenica, la Messa degli Apostoli e la Messa della Madonna (cd pubblicato da Stradivarius e distribuito da Milano Dischi). All'ensemble vocale Stirps Jesse diretto da Enrico De Capitani spettano invece le intonazioni gregoriane del testo, assecondando la prassi dell'"alternatim" che prevede brevi interventi organistici in alternanza appunto al canto della Schola (per la quale il maestro ferrarese ha previsto unicamente le sezioni del Kyrie).
Un trittico musicale che apre definitivamente le porte dell'arte frescobaldiana alla "nuova" temperie barocca, ma dove il baricentro espressivo è radicato proprio negli episodi in cui l'incedere solenne della voce umana coincide con l'invocazione alla misericordia divina contenuta nel testo dell'introito: fonte di ispirazione e domanda di pietà di fronte alla quale sembra piegarsi anche l'inarrestabile eloquio dell'organo.
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