giovedì 1 aprile 2004
Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini vicini per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine del vicino. Il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'un l'altro. Quando il bisogno di riscaldarsi li portò di nuovo insieme, si ripeté quell'altro malanno. Venivano, così, sballottati avanti e indietro fra due mali. Alla fine trovarono una moderata distanza reciproca che costituiva per loro la migliore posizione. Questa sorta di parabola è narrata dal filosofo tedesco Arthur Schopenhauer (1788-1860) e ben rappresenta due estremi del vivere sociale. Da un lato, c'è la distanza sospettosa che genera solo gelo, indifferenza, solitudine. Dall'altro, c'è l'eccesso di convivenza e vicinanza che crea attriti e tensione. Così, le nostre città o sono un deserto di solitudini o un agglomerato senza respiro ove il contatto obbligato produce frizioni. Tutto questo vale anche per le relazioni personali. Ecco, allora, la via imboccata dai porcospini, quella della "moderata distanza", così da non ferirsi vincolandosi troppo strettamente e da non isolarsi nel freddo. Questo equilibrio è da ritrovarsi anche nella famiglia ove tutti i membri devono avere attorno a sé un alone di calore e di amore ma anche il rispetto delle loro identità e singolarità. Questo deve valere anche per la coppia, come diceva il celebre «profeta» del poeta libanese K. Gibran: «Cantate, ballate insieme e siate gioiosi, ma lasciate che ognuno sia solo: anche le corde del liuto sono sole eppure fremono della stessa musica. State in piedi, ma non troppo vicini perché le colonne del tempio stanno separate e la quercia e il cipresso non crescono l'una all'ombra dell'altro».
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