sabato 22 febbraio 2020
Portava un vestitino verde scuro con un'onda rossa sull'orlo e i capelli biondi le cadevano sulle spalle. Un viso di bambola, ma un sorriso intelligente diviso tra un'eterna domanda ed una decisione già presa sulla risposta. È la mia nipotina di due anni che sostituisce le parole che ancora non conosce in italiano con qualche accenno di vocabolo inglese che ha già imparato all'asilo. Penso alla velocità con la quale ora si insegna ai bambini a perdere quella che una volta si chiamava infanzia, cioè un tempo della nostra vita così lontana dalle realtà di ogni giorno da lasciarci vivere al di fuori di ogni problema reale del nostro mondo. E vero che oggi essi guadagnano in conoscenza e di conseguenza in decisione molto presto, ma aumenta nello stesso tempo la loro responsabilità e, vorrei dire la perdita troppo presto dell'innocenza. Non si possono raccontare più favole se non hanno un minimo di somiglianza con la realtà, né si può far credere loro cose alle quali anche noi abbiamo smesso di credere. Bisogna raccontare le verità non nella loro cruda visione, ma darne una ragione umana e in ogni caso cercare espressioni che diano loro la visione di una speranza che sempre è possibile se sostenuta dalla serenità di giudizio e di amore. L'adolescenza sa perdonare, sa comprendere, sopportare e col tempo dimenticare, ma alla base ci vuole un'educazione alla gioia che sa dare la vita quando la si rispetta in noi e negli altri. Il mondo non cambia col risultato delle guerre, anche se migliorerà la situazione di qualche popolo vittorioso, ma potrà salire nella conoscenza e nel rispetto della libertà di ognuno se saprà ascoltare le speranze dello sconfitto. Non siamo ancora arrivati a tanto, ma abbiamo avuto, noi europei, per anni una strada ricca di speranze che finora ci hanno risparmiato lotte d'interesse inutili tra noi mentre speriamo sorgano di nuovo uomini di volontà che sappiano vedere prima di ogni cosa il bene comune per le generazioni future, piuttosto che le proprie vanità. Il giorno che sapremo dare realmente ai nostri popoli europei una patria comune avremo costruito il primo nucleo umano mediante una volontà positiva come mai era successo nel mondo. Dovrebbe essere questa la volontà dei popoli europei che sembra a volte si faccia strada nel pensiero dei giovani che hanno imparato a studiare, a vivere, a fare sport e a cantare assieme senza distinzione di lingue e di storia. E ora guardo la mia nipotina che certamente avrà una storia diversa da quella che ho avuto io che dovevo chiedere il passaporto se dovevo andare in un Paese europeo e non sempre lo si poteva ottenere. Queste sono, in realtà le speranze del nostro futuro per le quali ognuno di noi deve lavorare anche senza averne la posizione necessaria, ma solo portando tra noi il desiderio di una speranza e un destino comune.
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