mercoledì 21 dicembre 2011
«Per i laici credenti anche la coscienza è un valore "non negoziabile"» ("Unità" 19/12, p. 16). Titolo per Pierluigi Castagnetti in risposta a «questioni serie» poste «ai cattolici del Pd» dal «cardinale Bagnasco». Questi in realtà le poneva a tutti i cattolici. In ogni caso quell'«anche» indica il riconoscimento di altri «valori non negoziabili», per esempio – ma non per caso –, come ricorda il direttore proprio qua sopra, vita umana, famiglia e libertà di credere, pensare ed educare. E quel semplice «la coscienza» va chiarito. Una qualunque coscienza? Se uno in coscienza è convinto di una cosa questa è comunque non negoziabile? No. Perché una coscienza personale sia non negoziabile deve essere anche "formata", cioè matura e davvero responsabile, e "informata", cioè a conoscenza reale di ciò che nella sua scelta è in gioco. Allora sì: una coscienza formata e informata è per tutti non negoziabile. Ma da «laici credenti cattolici», davanti a una direttiva di uomini di Chiesa responsabili, si può operare una scelta diversa? Certo! È già Sacra Scrittura e poi grande teologia cattolica almeno da San Tommaso – «Bisogna obbedire alla coscienza o al superiore ecclesiastico»? (I-II, q. 91, a. 1; q. 93, a. 1-2, citato anche dal Concilio) – a Newman: «Prima brindo alla mia coscienza e poi al Papa». E quando è in ballo vita umana, famiglia e matrimonio un vero cattolico può giudicare non certo "bene maggiore", ma in determinate circostanze "male minore" una scelta contraria a un principio di etica cattolica? Può essere, e talora è successo, ma senza chiarimenti quel titolo semplicistico sul giornale non è risposta ragionevole: tanto meno a «questioni serie».
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