giovedì 9 febbraio 2006
Più il convoglio marcia rapido, più sicuri e docili occorrono i freni, i quali non sono fatti per non far camminare il convoglio, ma per evitare che deragli.Per ragioni cronologiche non ho mai incontrato don Primo Mazzolari (1890-1959), lo straordinario sacerdote cremonese, anticipatore dello spirito del Concilio Vaticano II. L"ho conosciuto attraverso alcuni suoi amici cari che sono poi diventati miei amici, come p. Turoldo, p. Fabbretti, lo scrittore L. Santucci. Tra costoro c"era anche il primo editore di Mazzolari, il vicentino Rienzo Colla, artefice dei mirabili libretti della «Locusta». È proprio in un articolo dedicato a lui e alla sua attività ancora viva, pur tra mille difficoltà, che mi imbatto in questa suggestiva citazione mazzolariana.Sì, perché don Primo, «tromba dello Spirito Santo», come lo definì Giovanni XXIII, fu spesso contrastato dalle autorità ecclesiastiche, eppure fu sempre obbediente, anche se «in piedi», come amava dire. Acquistano, allora, particolare valore le sue parole sui «freni». Certo, essi possono del tutto bloccare un convoglio, anche quando non è necessario: a chi non è capitato di rimanere sgomento e forse sdegnato quando un treno si ferma in aperta campagna con minuti di ritardo che s"accumulano e che ti fanno sfumare coincidenze e incontri? C"è una prudenza che può trasformarsi in blocco, in conservazione, in ostacolo alla vita personale e comunitaria. Eppure i freni sono indispensabili, se ben calibrati: essi impediscono la frenesia di una corsa che non solo non ti conduce prima alla meta, ma te la fa perdere per sempre. Quando scalpitiamo, anche nella Chiesa, perché ci sembra che il ritmo di marcia sia troppo lento, ricordiamo che quel freno azionato con sapienza ha il compito di rispettare il passo di tutti e di non farci deragliare dalla via maestra che ci conduce all"approdo finale.
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