sabato 18 giugno 2016
Due settimane fa Report, trasmissione condotta su Rai 3 da Milena Gabanelli, ha messo nel mirino i pagamenti che grandi società di gestione fanno a favore di eventi perlopiù ludici organizzati da alcune delle principali banche-reti italiane di consulenti finanziari. Temiamo che quella puntata – il 5 giugno – abbia lasciato ben poche tracce nella mente e nelle decisioni di sottoscrittori di fondi o di risparmiatori che ricorrono ai servizi di un advisor e ciò perché l'intento polemico era andato fuori bersaglio o più semplicemente era risultato poco comprensibile. Nessuno si stupisce, in effetti, se le case farmaceutiche organizzano e pagano eventi di lusso per i medici e nessuno per questi motivi smette di comprare medicine. Il conflitto d'interesse, che pure esiste, è materia adatta ai palati fini e non sposta le decisioni dei consumatori.Ben più efficace per chi compra è invece il discorso relativo al prezzo. Quarant'anni fa negli Stati Uniti un uomo chiamato John Bogle decise di lanciare un fondo comune d'investimento che non faceva gestione attiva come tutti quelli allora esistenti, ma "passiva", replicando semplicemente il maggior indice borsistico, lo S&P 500. Tutti insorsero contro Bogle, dai competitor alla Sec: il fondo raccolse solo 11 dei 150 milioni di dollari che Vanguard, casa di gestione fondata da Bogle, aveva sperato e soffrì riscatti per i primi 83 mesi di vita. Da allora le cose sono un po' cambiate: oggi Vanguard gestisce 3,5 trilioni di dollari di fondi sottoscritti da 20 milioni di risparmiatori. Un dollaro su cinque di quelli investiti in America in Etf va in prodotti Vanguard così come uno su due di quelli investiti in fondi passivi. Tanto che l'azienda fondata da Bogle detiene il 5% del capitale di quasi tutte le grandi corporations statunitensi e circa l'1% di quelle straniere.I costi dei fondi Vanguard sono passati dallo 0,68% del 1983 allo 0,12% di oggi. Un dato vincente paragonato alle fees applicate da tutti i fondi a gestione attiva che negli Stati Uniti sono pari a una media dello 0,77%. Perché costi così bassi che fanno la gioia degli investitori americani? Perché l'azienda fondata da Bogle non ha azionisti di riferimento che devono essere remunerati con dividendi generosi. «Nessun uomo può servire due padroni», diceva il fondatore di Vanguard. Ed aveva ragione perché il detto si applica bene anche all'industria del risparmio gestito che qui davvero inciampa in un conflitto d'interesse macroscopico fra gli interessi dei proprietari e quelli degli investitori. Cosa succederebbe ai fondi comuni venduti nel nostro Paese se Vanguard decidesse di aprire in Italia?
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI