domenica 23 maggio 2010
L'amba-
sciatore (emerito) Sergio Romano non trova stonata l'assimilazione della Chiesa ai grandi «imperi» antichi e moderni: oggi gli Usa e la Russia, appena ieri «i tre imperi austriaco, ottomano e russo», prevedendo di tutti, Chiesa compresa, «il crollo imminente». Era un articolo apparso sul Corriere della sera il 18 aprile. Sull'argomento è tornato martedì 18 maggio, facendo leva su un recente libro di Riccardo Chiaberge, giornalista e scrittore "laico" del Sole 24 Ore con velleità di storico. Per costui, la Chiesa sembra salvata, per ora, solo dal suo dissenso interno: «Il Papa dovrebbe esserci grato. Sa quanti cattolici austriaci erano pronti ad andarsene, se non ci fossimo stati noi di Wir sind Kirche?» ("Noi siamo Chiesa", che però in questo caso dovremmo tradurre "noi siamo la Chiesa"), affermazione che Romano condivide e aggrava: «Peccato che la Chiesa perda molti dei suoi fedeli migliori, ma conservi molti cattolici opportunisti e ipocriti». Per la verità i «fedeli migliori» non sono quelli che se ne vanno e quanto agli «opportunisti e ipocriti», vanno messi nel conto del "confiteor": «Confesso che ho molto peccato"». Anche se questo «cristianesimo amartiocentrico» (amartía in greco significa peccato) non piace al teologo Vito Mancuso (La Repubblica, venerdì 20), i Vangeli sinottici ci dicono che Cristo è venuto e ha fondato la Chiesa "non per i giusti, ma per i peccatori". La «fortezza assediata dalla modernità», come Romano definisce la Chiesa, ha passato secoli anche più brutti di questi, quando il fumo di Satana saliva fino alle stanze della casa di Pietro e innumerevoli sono le volte in cui ne è stata preannunciata la fine imminente, ma - questo è certo - «le porte degli inferi non prevarranno contro di essa».

I PAPI, NUOVA SERIE
Anche Hans Küng sostiene che «un'altra Chiesa è possibile». Dovrebbe essere finalmente quella di «Gesù Cristo, ma quello della storia e non quello dei concili, che sono un'interpretazione ellenistica del Gesù Cristo del Nuovo Testamento». Per esempio quello di Nicea, «che ha identificato Gesù e Dio». In un'intervista su MicroMega (n. 4) Küng narra di aver «cominciato a dubitare dell'autorità pontificia» già con Pio XII e figuriamoci con papa Ratzinger, che «si è fermato lì», vale a dire alla «teologia medievale dell'XI secolo»: gli «manca solo la sedia gestatoria e la tiara per ritornare al medioevo». Tralascio le molte altre possibili citazioni in questa chiave, salvo una: «Spero " dice Küng concludendo " che il prossimo papa segua il cammino di Giovanni XXIII e non di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI». Che ne direste di, ricominciare la serie dei Giovanni con un papa Hans I?

AUTO-CONSIGLI
La riconosciuta pari dignità dell'insegnamento della religione (che la scuola deve obbligatoriamente offrire, anche se non è obbligatorio sceglierlo e che, una volta scelto, concorre alla valutazione finale degli studenti) non piace al solito Corrado Augias, il quale lamenta anche la «manica larga» degli insegnanti (Repubblica, domenica 16). «Tanto più " scrive " che la spaventosa ignoranza in materia religiosa di molti italiani consiglierebbe, semmai, una manica non larga, bensì stretta, strettissima». Giusto. Chissà se, scrivendolo, pensava un po' anche a se stesso?
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