sabato 10 settembre 2016
Sei del mattino. Il cielo ha dimesso l'abito della notte, ma è ancora pallido quasi temesse l'arrivo del nuovo giorno. Chi ha dormito sotto le tende soffre il primo freddo e pensa alla sua casa perduta, alle strade conosciute fino dall'infanzia, al rumore dei carri sul selciato disuguale, allo scorrere rassicurante dell'acqua nella fontana. Pensa al passato perché altro non conosce e il futuro non ha colore come il cielo di questa mattina. Chi ha subito il terremoto vuole che la futura casa sia ricostruita allo stesso posto, dove ora ci sono ancore la macerie, quasi a cancellare la paura, l'orrore e la morte. Chi non ha subito lo stesso trauma non può immaginare il senso di vuoto che resta nel cuore a chi ha perduto tutto e come il ricordo di ogni piccola cosa assuma proporzioni immani: l'orologio appeso alla parete, la vecchia bambola, quel libro, il quadro della Madonna sopra il letto, il vaso di vetro acquistato in un viaggio, la tovaglia della colazione del mattino. Ogni oggetto fa parte di una vita che si dovrà dimenticare per avere il coraggio di riprendere in mano il nuovo giorno. E c'è il timore di essere lasciati soli anche se ora la televisione, la stampa, i reporter tengono vivo il problema alle Istituzioni che dovranno affrontare i grandi interrogativi lasciati da questo terremoto che tarda ad acquietarsi.Quello che può dare conforto è la generosità di chi ha scavato nella terra e nelle pareti distrutte senza una ragione personale, chi ha offerto lavoro e denaro, chi ha dato anche solo i due euro della raccolta nazionale e chi ha saputo, non avendo niente, almeno pregare affinché le sofferenze di questo popolo siano brevi. Poco lontano, su altre spiagge, uomini e donne uccidono per ottenere un potere da una giustizia che non arriverà mai attraverso una guerra come questa. La bellezza, la ricchezza della pace si rivelano quando si aprono questi teatri di lotte che sembrano non avere senso, quasi combattute tra poveri con il peccato nascosto di chi passa loro le armi. I media ci offrono figure di uomini che sparano in piedi, in una terra senza riparo, quasi immagini di un gioco senza dolore né pietà. Passano i droni e le figure cadono, altre la sostituiscono senza un grido, quasi un gioco di scacchi fra due contendenti. Lontano è il pianto dei bambini rimasti senza padre. Le loro lacrime hanno lo stesso colore di quella dei nostri piccoli che hanno perduto i genitori sotto le macerie del terremoto. La nostra debole fede non sa scoprire la mano di Dio in quel pianto.
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