giovedì 19 ottobre 2006
Si sono tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell"abbandono, della solitudine, dell"amore distrutto. Vi è il deserto dell"oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell"uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Mentre in questi giorni la Chiesa italiana è impegnata a Verona in una viva e intensa riflessione sulla sua presenza nel grembo della storia, della cultura e della società, abbiamo voluto evocare questo bel brano dell"omelia per la Messa inaugurale del suo pontificato, pronunziata il 24 aprile 2005 da Benedetto XVI. Il ritratto dei deserti spirituali è nitido e variegato e in esso ritroviamo le distese delle steppe dell"umanità di tutti i tempi, ma in particolare dei nostri giorni, con le varie regioni che si chiamano povertà, miseria, solitudine, vuoto, crisi della coscienza e della fede, dignità perduta. In questo orizzonte che si allarga a perdita d"occhio forse scopriamo anche il piccolo campo desolato della nostra vita, con le stesse devastazioni. Vorrei, però, mettere l"accento sulla frase finale: deserto fisico " ossia rovina dell"ambiente, squallore urbano, inquinamento ecologico " sono spesso l"effetto di una desertificazione interiore.  Nella tradizione musulmana s"immagina che Dio lasci cadere sul giardino del creato un granello di sabbia ad ogni peccato dell"uomo: si spiega così l"avanzata delle terre aride che rosicchiano incessantemente il verde della vita e del mondo. Ogni cattiveria o delitto non si riduce al «privato», ma ha echi e influssi nella società. È per questo, allora, che ogni atto di conversione e di bene feconda e trasfigura il mondo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: