martedì 19 dicembre 2023
La prima cosa che respiriamo assieme, in questa stagione del Sahel chiamata dell’Harmattan
(un vento secco che soffia a nordest e ovest, dal Sahara al Golfo di Guinea, tra novembre e marzo), è la polvere. La respiriamo proprio tutti, seppure in misure distinte. C’è chi mette le mascherine usate per proteggersi dal contagio del Covid e chi, più rispettoso della tradizione, copre buona parte del volto col turbante sullo stile dei tuareg, che in questo ambito hanno una grande esperienza. Respirare assieme è proprio ciò che significa, etimologicamente, una “cospirazione”. Lo ricorda il dizionario: «La parola cospirazione deriva dal latino cum spirare (respirare con), e cioè essere animati dal medesimo afflato, per indicare un accordo profondo, intellettuale e sentimentale, in direzione del conseguimento dell'obiettivo prefissato». Il respiro e lo spirito affondano nella stessa radice etimologica. Quindi, i cospiranti, alla fine, sono quelli che condividono un medesimo spirito, un uguale, affratellante slancio dell’animo. Talvolta condividono anche l’avversione o sovversione del sistema. Nel Sahel ci sono infatti cospirazioni e cospiratori, ma non solo per causa della polvere che si respira. C’è chi cospira per mestiere e chi per convenienza, chi si accontenta di un cambiamento di facciata e chi vuole la rivoluzione. Abbiamo gruppi armati che aspirano a una trasformazione radicale dell’assetto sociale e troviamo nella stessa zona i banditi che applicano all’oggi le razzie di un tempo con l’appoggio di mercanti di armi, droga e persone. Anche i milioni di sfollati, rifugiati e profughi, a modo loro, vivono assieme la cospirazione più profonda e unica che ci sia, quella della sofferenza silente e spesso inosservata. I migranti, gli “esodanti”, gli avventurieri dal destino segnato per sempre, a loro volta, cospirano per un mondo differente a cominciare dalle frontiere. Spesso, senza saperlo, si concorre, respirando assieme, alla creazione di una comune frontiera che alcuni si ostinano a chiamare speranza. La prima cosa che respiriamo assieme in questo spazio, noi cospiratori e fautori di cospirazioni, è la polvere. Fine com’è, ci unisce e ci tradisce proprio come fa la storia umana. Verrebbe allora da suggerire al pallido vento che unisca le polveri di tutto il mondo. La polvere della dignità si congiunge con quella della giustizia per imparare a resistere come solo i poveri, fatti di polvere, hanno imparato a fare per sopravvivere. Respiro, soffio, alito e vento sono ciò che unisce i cospiratori, perché della stessa polvere di vento sono impastati, qui nel Sahel e in tutto il mondo. Un vento che passa e si dirige dove non sa, senza frontiere e destinazione, anarchico e imprevedibile, incurante dei regimi di transizione, di eccezione, civili e militari. Un vento che la polvere che la politica di questi mesi dal colpo di stato ad oggi cerca con tenacia invano di mettere a tacere. Nel Sahel, i veri cospiratori sono coloro che rincorrono il vento e gli affidano la libertà perduta. Niamey, dicembre 2023 © riproduzione riservata
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