lunedì 30 settembre 2002
 
C"era già, nel nostro linguaggio, il non-senso della «guerra civile» (la guerra non è mai un fatto di civiltà), però tutti ne conosciamo il vero significato. Ora il capitolo «guerra» dell"antilingua giornalistica si va arricchendo. Trovo sul "Giornale" (giovedì 26) un editoriale su «I cannoni della pace» e sul "Corriere della sera" (venerdì 27) la notizia che i nostri soldati combatteranno un «conflitto solo simbolico»: e perché, allora, non lo fanno su Internet? Quotidianamente sui giornali s"incontrano, però, altri ipocriti neologismi dell"antilingua bellica. Per esempio: la «guerra umanitaria» (si può ammazzare per umanità?); la «guerra preventiva» (per prevenire la guerra, la si fa subito); le «bombe intelligenti» (intelligente la bomba? Ma se viene costruita per essere distrutta e casca dove vuole chi la lancia e spesso anche altrove, ammazzando chi non doveva essere ammazzato); l"«uso moderato della forza» (a che serve se in guerra, per vincerla, bisogna impiegarla tutta?); e infine la «diserzione dalla solidarietà», imputata a chi la guerra non la vuol fare ("solidarietà", cioè ammazzare soltanto gli altri).È certo: il vecchio adagio "dire pane al pane" ha perso la guerra con l"antilingua.Il grande NullaChe cos"è la morte? Sulla scorta di tre libri «usciti quasi contemporaneamente per dare un volto all"enigma», Ugo Leonzio cerca, sull""Unità" (domenica 22) di dare una risposta. Questa, però, risulta, più che altro, un"antologia di assurdità, contraddizioni, ovvietà ed errori biologici. In sintesi: «La morte nacque sotto forma d"amore», cioè come «incontro tra due cellule separate ["] che a un tratto, per caso, si attraggono e si congiungono in una nuova cellula, una cellula uovo» (?). Dunque «i nostri veri genitori sono la Sessualità e la Morte». Quest"ultima «è un fenomeno invisibile, i cui protagonisti sono le cellule e il microcosmo», ovvero noi stessi in quanto «nebulosa costituita da una popolazione eterogenea di migliaia di miliardi di cellule», che continuano a suicidarsi per far posto ad altre nuove. Infatti «il nostro corpo rinnova totalmente le sue cellule ogni sette anni». È così che noi «potremmo essere morti senza neppure accorgercene».Ma dove finiamo dopo la morte? «I nostri  geni» sopravvivono, mediante la riproduzione, in altri corpi e «navigano nell"eternità del tempo». Per noi, invece, si apre «l"eternità [che] è la vera morte», anzi «il rovescio della morte». Quale eternità? «Non i paradisi o gli inferni, perché entrambi sono immersi nella corrente del tempo», ma «il grande Nulla, dove non c"è posto per l"uomo ma, forse, solo per un Dio senza volto e senza nome». Insomma, una cosa tanto complicata che «tutti quelli che hanno cercato di capire il significato finale del morire sono morti senza aver neppure scalfito la superficie di questo non tanto enigmatico aspetto della vita». Speriamo che, quando anche lui sentirà l"«impulso di morte», cioè l"«inconscio desiderio di tornare al mondo inorganico», Ugo Leonzio non resti fra costoro.
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