I campi sono usciti dall'agenda
sabato 10 luglio 2010
L'allarme lanciato dal ministro dell'agricoltura Giancarlo Galan è forte: l'agricoltura non è fra le priorità del Paese. Perché, è chiaro, una comunità che trascura la produzione alimentare, oppure che ne ha un'immagine schizofrenica, non getta buone basi per il futuro. Eppure, guardando le cronache recenti, lo scenario che ci si presenta appare essere questo.
Lasciando per un attimo da parte l'ultimo caso di scandalo alimentare (quello delle mozzarelle che diventano blu), agenzie e comunicati degli ultimi giorni forniscono
altri esempi interessanti. A iniziare da quello della pasta: secondo la Coldiretti, in un caso su tre, quella che consumiamo è fatta con grano straniero senza alcuna informazione per il consumatore. Per i coltivatori, oltre un miliardo di chili di pasta "italiana" all'anno sono prodotti con grano extracomunitario senza alcuna indicazione in etichetta perché non è ancora obbligatorio indicare la provenienza della materia prima utilizzata. Il problema per loro è proprio questo: non si tratta di bloccare ciò che viene dall'estero, ma semplicemente di darne notizia a chi acquista. La libertà di scelta dovrebbe fare il resto. Posti di fronte ad un pacco di maccheroni "nostrani" e ad un altro sempre di maccheroni prodotti però con farina turca o del Kazakistan, i consumatori potranno essere liberi di scegliere la bontà di casa loro. Poter distinguere fra prodotti di fatto diversi (forse), ha naturalmente anche un risvolto economico. Sempre secondo la Coldiretti, la non chiarezza nel mercato comporta speculazioni dal campo alla tavola con un chilo di grano che è venduto in Italia, su valori simili a quelli di venti anni fa: circa 16 centesimi. Secondo i dati Ismea, la campagna 2008/09 si è conclusa con prezzi all'origine diminuiti per il grano duro, rispetto a quella precedente, del 41%.
Insomma, da un lato si fa attenzione ai micromercati dei prodotti tipici, DOP, IGP e sì dà un'immagine idilliaca del comparto, dall'altro non si vede la necessità di curare di più quelle che, in termini tecnici, vengono chiamate "commodities", cioè le grandi produzioni, che alla fine arrivano sulle tavole di tutti. Con buona pace di chi, invece, si sforza di ricordare che, prima dei marchi di origine e di qualità, c'era semplicemente un'agricoltura "fatta in casa" che in qualche modo si cerca di preservare. Come accade, per esempio, oggi e domani a Bastia Umbra con la "festa della battitura", finita nel dimenticatoio a causa dell'evolversi della tecnologia.
Ha quindi davvero ragione Galan che di fronte all'assemblea della Cia " Confederazione italiana agricoltori " ha affermato: «L'agricoltura ha due grossi handicap. È un settore dove ci si rimette e non è considerata importante: cioè non interessa ai media e soprattutto non è fra le priorità di questo Paese». Lui però rappresenta la politica che può decidere: ci aspettiamo che dopo la denuncia si passi all'azione.
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